mercoledì, gennaio 17, 2007

Job's Bar 5 (seconda parte)

Quel giorno non ritornai al mio solito sgabello.

Tornandomene a casa passai davanti al negozio del fruttivendolo, il quale era quantomai radioso, visto che quella settimana nessuno aveva puntato il dito sui suoi imbrogli ai danni delle plurisecolari clienti.

Infatti, proprio un crocchio di quelle si era formato sul marciapiede: era in corso un rapidissimo scambio di sussurri e bisbigli.

    - Ah ma avete sentito cosa è successo? Quel giovane assassino che si è poi tolto la vita...- Disse una con rughe facciali all'altezza delle ginocchia.

    - Oh, guardi, non me ne parli. Bisognerebbe proibire certi divertimenti come quei giochi elettronici violenti. Una volta c'era qualcuno che si occupava di ciò, ma al giorno d'oggi ormai...- Rispose una, con un Ficus Benjamin come copricapo.

    - Eh sì, ha proprio ragione signora. Per non parlare del bar che ha promosso quella cosa lì, come si chiama, il torneo. La cugina dell'amica della parrucchiera Gina ha detto che qualcuno ha visto il proprietario di quel postaccio diffondere nel locale anche dei fumi che procurassero allucinazioni. Mi viene il sospetto. Mi viene il sospetto allora che sia anche colpa sua anche il crescente inquinamento cittadino. Sapete? I pinguini dello zoo pare che siano impazziti per colpa dello smog e abbiano spiccato il volo per le Bahamas. - Concluse quella con un completo di velluto beige-caffellatte rancido.

Cercai di fare finta di nulla, tentai di giustificare la loro pochezza e me ne andai per la mia strada.
Passai il tempo ad aspettare che arrivasse il martedì, quindi non feci assolutamente nulla di produttivo e socialmente utile.

Finalmente giunse il giorno successivo.
E con lui una manifestazione popolare che aveva occupato la strada che porta in centro, quella che passa proprio di fronte al bar.
Indossai i primi vestiti che mi capitarono sottomano e mi precipitai da Lester. Con me, venne anche un pessimo presentimento.

Davanti al Job's Bar si era radunata una piccola folla, dall'altra parte della strada era stato costruito una struttura sopraelevata, una sorta di palchetto. Evidentemente qualcuno doveva dire qualcosa.

Lester era sulla soglia del bar e la sua bocca contratta non celava certo la sua preoccupazione.
La folla benché non fosse calmissima, ma neanche così agitata, aveva un motivo per non importunarlo.
Onagro, scaricatore in servizio al molo 15. Un metro e novantacinque per centootto chili di pura dolcezza rude.
Dopo essermi fatto strada tra i manifestanti,tutto trafelato, arrivai a destinazione.
- Di grazia messere, dove intendete andare? - questionò Onagro ponendomi la manona sul torace.
- Presso l'oste, gentiluomo. Solo essere un avventore di codesto luogo.- Risposi educatamente. Venni a sapere poi che Onagro era un appassionato di Manzoni.
- Fallo passare. È amico mio. - Ordinò scialbo Lester.
- Beh, sei stato a una festa di carnevale? - chiese squadrando dall'alto verso il basso la mia vestita.
In effetti non aveva tutti i torti. Nella fretta avevo completamente trascurato il maglione a losanghe amaranto e ai jeans “rosè”, reduci da una lavatrice non andata propriamente a buon fine.
- Non dovevo andare a una sfilata di moda. Comunque qua cosa succede? -
- Questo bel casotto è stato organizzato dal Movimento Genitori Nazionale, patrocinato dal Partito Benpensante Italiano. Infatti, sarebbe intervenuto un esponente del gruppo politico, un tale chiamato Gianluca Buonavolontà. -
- Beh, il nome è tutto un programma...- sdrammatizzai.
- Speriamo vecchio mio, speriamo.- rispose Lester sfiduciato.
Pochi istanti dopo arrivò la Polizia a formare un cordone per difendere il bar da quelli che trovavano qualsiasi occasione buona per spaccare vetrine, i cosiddetti “facinorosi”.
Giunse anche un autoblù (con accento sulla “u” perché così si sente di più).
Era una limousine Leopard, con carrozzeria in ghisa piombata, un chilometro al gallone, peso diciotto tonnellate.
Si fermo di fianco al palchetto appena allestito in strada. L'autista, un ometto basso e spettinato, scese dalla macchina e aprì la portiera al suo passeggero.
Gianluca Buonavolontà scese dalla macchina con un sorriso da star di Hollywood, si diede una sistemata rapida ai capelli, una lustratina agli occhiali freschi di negozio di ottica di lusso, salutò con gesto papale la folla e salì sul palco.
-È importante essere tutti qui – iniziò il politico – insieme, per protestare contro quanto è avvenuto poche ore fa. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a queste tragedie. Siamo obbligati a reagire. Reagire contro chi istiga alla violenza, come questi videogiochi assassini. Ma soprattutto, dobbiamo essere, assolutamente, contro chi organizza vere e proprie feste inneggianti alla violenza, come il bar qui di fronte a me, che ha messo in piedi questa manifestazione, questo "torneino", per guadagnare qualche soldo, non preoccupandosi del fatto di corrompere le coscienze dei nostri giovani. Infatti, grazie a questo recente videogioco, Alcide Formigoni è arrivato a comportarsi in tal modo e a compiere un simile gesto scellerato. Dobbiamo finirla con il commercio dei videogiochi violenti che ispirano alla violenza i nostri teenagers. Io esigo che questo commercio sia troncato e limitato nel nostro paese. -
Applausi scroscianti da parte del pubblico. Silenzio tombale dalla fazione a favore del bar, la mia.
-Ed è per questo che io mi voglio battere, sia con il Direttorato Centrale, sia nella Casa degli Eletti dal Popolo. Io voglio che la nostra gioventù non venga plagiata. Ma non parlo solo dei videogiochi: parlo anche dei fumetti, della musica, di internet, della televisione. Dobbiamo farci sentire! - Urlò brandendo in aria un pugno chiuso – Dobbiamo cancellare l'oscenità, curare il morbo, eliminare qualsiasi elemento che possa turbare i nostri giovani.-
La folla era praticamente in delirio e stava cominciando a pigiare contro il cordone della polizia.
Nell'attesa che le cose migliorassero, ci barricammo tutti dentro.
Tranne Onagro.
Oltrepassò gli agenti e si fece largo tra la folla a suon di spintoni. Stava andando verso il palco e pareva intenzionato a scambiare due parole con Buonavolontà.
Fu fermato dai gorilla del leader politico.
Mi perdoni, non vorrei neanche torcerle un capello. Avrei il desiderio di rispondere alle sue cotanto accese parole.-


E@

domenica, gennaio 14, 2007

Intervista al Demonio.

Alzo il telefono e compongo le fatidiche tre cifre: 6, 6, 6.

- Risponditore automatico dell'Inferno...Attendere in linea.- una voce artificiale dall'altro capo del filo.
- Siete collegati con il servizio in linea dell'Inferno. Ecco i servizi a vostra disposizione. Per firmare un patto con il diavolo premete il tasto 1, per un'evocazione premete il tasto 2, per la card "Messe nere e via" premete il tasto 3. Per mettervi in lista per un udienza presso Satana in persona, premete altre tre volte il tasto 6.-
-Mmh... per quello che devo fare forse è meglio pigiare il 2...Vediamo cosa succede- meditai.
-Avete premuto il 2. Servizio evocazione. A momenti un nostro incaricato si materializzerà nelle vostre immediate vicinanze. Grazie per avere scelto ancora una volta il diavolo.- in maniera non proprio asettica.
Non successe nulla. Posai la cornetta al suo posto, mi sedetti sulla poltroncina e aspettai nella mia stanza.
Improvvisamente udii un botto tremendo.
- Bum!-
Ma non era una vera e propria deflagrazione, sembrava più che altro un petardo, solo che era lì, di fronte a me, dall'altra parte del tavolo. Si alzò una pesante coltre di fumo e un puzzo di zolfo colmò la stanza.
- Diavolissimo!- esclamai stupito di fronte a ciò.
- Beh, non esageriamo. Sono solo uno dei suoi tanti dipendenti. Arnaldo Behemoth, "Satanello di terzo grado". - Fece un ometto alto poco più di un metro e mezzo vestito con un completo gessato nero. Era proprio di fine sartoria. Era leggermente grassoccio, con una bella pelata, folte basette e un'espressione, non poteva essere altrimenti, diabolica.
Ovviamente, non mancavano le corna di ordinanza, anche se corte e tozze.
- Ero a conoscenza del fatto che lei volesse altro al posto dell'evocazione. Il mio superiore, nonché amministratore unico mi ha già dato tutte le risposte da fornirle, mio caro imbrattafogli di giornale.- Mi disse lui, alzando il sopracciglio sinistro, con fare luciferino.
- Come fa a sapere del mio lavoro?- Chiesi allentandomi la cravatta. Faceva caldo.
- Quelli della mia organizzazione sanno molte cose. Ma non perdiamo altro tempo. Iniziamo subito l'intervista- Disse, sedendosi dall'altra parte del tavolo.

- Beh, sinceramente, mi ero preparato una scaletta o qualcosa di simile. Ma adesso come adesso non saprei da dove cominciare...- Tentennai io.
- Mi sembra facile e quantomai logico iniziare dal principio. Vede, la carriera del mio superiore non è iniziata nel migliore dei modi. Come quella di un pugile debuttante che perde al primo round per ko, se mi passa il paragone. Ma sa, il nostro Concorrente, forse lei sa di chi sto parlando, ha una disponibilità di mezzi pressoché illimitata. Non che noi siamo a corto di risorse, assolutamente... Diciamo, però, che ci stiamo riprendendo bene e che il trend della nostra azienda negli ultimi sette milioni di anni è stato più che positivo. -
- Si spieghi meglio. -
- Da quando l'uomo, inteso come come scimmia antropomorfa, ha iniziato a evolversi, noi abbiamo finalmente potuto entrare in azione. Pensi alle prime pietre scheggiate per essere usate come armi da caccia o anche per muovere morte verso una tribù nemica. Questa si chiama civiltà. Ma noi abbiamo dato una pizzicata ad una corda che si trova in ogni essere umano: essa si chiama "male". -
- Mi scusi, credo di non capire. Non siete voi il male?-
- Per operare meglio nel nostro campo tendiamo spesso a confonderci con quello che voi insaccati bipedi chiamate "male". Il male è in ognuno di voi. Non è forse male la professoressa di matematica che non fa altro che seminare insufficienze? Non è forse male passare davanti alla fila all'anagrafe? Non è forse male il capoufficio che costringe i suoi impiegati a restare a lavoro fino a tardi? Potrei continuare per l'eternità... Ma dubito che lei possa resistere così tanto tempo.-
Mi lancia un occhiolino, come a cercare approvazione per la battuta appena detta.
Accenno un sorriso.
- Mi dica se ho capito bene: voi con il male, di fatto, ci lavorate soltanto. Non so, come il fabbro che forgia il metallo, voi fate la stessa cosa con il male?-
- Facciamo molto di più. Il male è più che altro una propensione, una pulsione che in nessun essere del creato trova migliore concretizzazione se non nell'uomo. Noi non siamo altro che una "spintarella" ad agire, a compiere quella azione che la Concorrenza definisce "peccato". Il resto l'avete già fatto tutto voi da soli con le vostre forze, perché, in fondo, voi siete artefici del vostro stesso destino."
- Non sempre. Il più della volte la vita è regolata da casualità, per non dire fatalità.- obiettai.
- Come tutti gli umani lei è quanto mai prevedibile. Vede, quella faccenda degli incidenti, di qualsiasi tipo, non è di nostra competenza. Lo è invece di una nostra cara collaboratrice: la morte.-
- La morte?-
- Esattamente. Se lei pensa alla morte "classica", quella con il mantello nero e la falce, beh, si sbaglia di grosso. La morte, quella vera, è una ragioniera, o meglio un "esattrice". Infatti, se ne va sempre in giro con la sua calcolatrice e, ogni volta che tira una riga sul suo foglio dei conti, scatta il pagamento del tributo in vite umane. Lo fa non tanto perché le piaccia, ma tanto perché è il suo lavoro. Se fosse umana sarebbe davvero una bella donna-
-Sembra conoscerla bene. La morte, intendo.-

-Beh, sì. In fondo le sono legato anche non solo per motivi professionali. Sa, più di una volta siamo usciti insieme ma poi non si è fatto nulla. Le avevo dato una mano nei primi nove lustri del ventesimo secolo: aveva accumulato una montagna inumana di arretrati. Logico che chiedesse aiuto alla mia organizzazione.

-Concluse facendo spallucce. Inevitabilmente pensai a quell'ondata di morte assurda che travolse il mondo nelle due guerre mondiali e ai personaggi scellerati che ne furono artefici.

-La vedo dubbioso. Non le chiedo certo di capire il mio lavoro e tanto meno di approvarlo.- disse, facendosi serio.

-Ci mancherebbe altro- glissai - Proseguiamo. Come mai mantenete ancora le cosiddette evocazioni?-

-Mai, come al giorno d'oggi, il mondo è stato immagine. L'evocazione demoniaca è solamente un'operazione di marketing. Serve per mantenere una certa reputazione presso il genere umano. Come lei stesso ha verificato, questo servizio da noi offerto è comodo e conveniente. Per noi, s'intende. Se no che diavolo sarebbe?-

Rise pacatamente.

-Ma non è tutto - proseguì – il fatto è che l'evocazione da noi addetti ai lavori viene visto più come uno svago che altro. Cosa c'è di più spassoso di vedere gente rimbecillita vestita in modo strambo dire cose senza senso? Cosa c'è di più divertente di far loro paura spacciando per onnipotenza qualche piccolo trucco da maghetto di quartiere? Loro non hanno idea di quale sia il vero potere del diavolo perché se lo vedessero, beh, sinceramente, non credo proprio che a loro possa piacere. Non so se mi spiego...-

-Non si preoccupi ho afferrato il concetto. Però non faccio a meno di osservare come la questione delle evocazioni sia però decisamente fuori corso , come i roghi delle streghe, tanto per intenderci...-

-Si sbaglia di grosso – mi interruppe – I roghi esistono ancora. Solo che non si brucia nulla di fisico. Non è un rogo qualsiasi forma di linciaggio morale? Non è un rogo la menzogna? Non è un rogo la dignità infangata e calpestata? Non è un rogo l'ingiustizia compiuta per perseguire i propri fini personali? Non è un rogo, sentirsi di tanto in tanto, morti dentro? Si fidi, questo è il mio mestiere. Ci campo su queste cose.-

-Sì, sono d'accordo con lei. Non posso obiettare. Cosa potrebbe dire a riguardo ai patti con il diavolo?-

-E' tutto molto semplice. La procedura è simile a quella dell'evocazione, solo che, a differenza del classico diavolo, compare un notaio. Da sempre le corporazioni dei notai hanno avuto a che fare con noi. Entrambe le parti ci hanno tratto un guadagno notevole. Il soggetto sottopone la sua richiesta al notaio. La contropartita per l'oggetto del desiderio spesso e volentieri è l'anima. Di beni materiali come il denaro ce ne facciamo ben poco. Negli ultimi tempi di anime ne abbiamo ricevute anche troppe. Ciò ci ha dato molti problemi quando abbiamo dovuto informatizzare tutti i nostri sistemi, nel tredicesimo secolo. I computer sono delle vere diavolerie e ci abbiamo sbattuto contro la testa non so quante volte. Io mi feci un bernoccolo grande così.-

-Come? Si doveva ancora inventare la stampa che voi conoscevate già l'informatica?- domandai sbalordito.

-Sinceramente mi stupisce che lei non abbia ancora capito che noi ragioniamo su distanze temporali leggermente differenti dalle vostre.- rispose quasi irritato.

-Mi perdoni, ha ragione – dissi – riprendendo il discorso, solitamente cosa vi viene chiesto più spesso da chi firma un patto di questo tipo?-

-Di tutto: le cose più ovvie, come bellezza, ricchezza, fama, potere. Pensi che c'è anche chi ha impegnato, addirittura, le anime dei propri figli per ottenere ciò. Ma al di là di queste cose banali, capita spesso di sentirsi chiedere le cose più assurde: postini che non vogliono consegnare la bolletta di quella pensionata che abita al venticinquesimo piano; fornai che sono stanchi di lavorare tutta la notte e di essere trattati male, di giorno, dai clienti;studenti che non ne vogliono sapere di studiare algebra o che ne hanno le scatole piene Leopardi o Kant... Chi più ne ha, più ne metta. Insomma, vi è una varietà estremamente ampia. C'è solo l'imbarazzo della scelta.-

-Sì. Ora mi dica qual è il rapporto con le altre religioni?-

-Non c'è molto da dire. Le tre grandi sono sempre loro: Cristianesimo, Islam ed Ebraismo. Cambia l'azienda, non il datore di lavoro.- Concluse laconicamente.

-Benissimo. Ora affronterei un argomento spinoso: messe nere.-

-In parte vale il discorso fatto precedentemente per le evocazioni. La differenza è che il più delle volte è occasione di lavoro e cooperazione tra noi e la sopracitata morte. Quelle teste di cazzo che ci divertono tanto con le loro vestite e presunte formule magiche credono che non sia sufficiente la dose giornaliera di morte a cui siamo sottoposti e quindi capita che qualcuno ci rimetta la pelle. Sono tutti una massa di bifolchi.- concluse corrugando la fronte.

-Di chi sta parlando scusi?- chiesi.

-Di tutti questi satanisti, adoratori di Lucifero, bambini del demonio e chicchessia. Il nostro amministratore delegato non ha certo bisogno di culti religiosi a lui dedicati. Egli viene già celebrato quotidianamente da chi opera egoisticamente, chi si preoccupa solo del proprio tornaconto personale, chi venera e adora se stesso, chi dichiara di non avere bisogno di nessuno, chi tradisce una persona fidata, chi trae godimento dal male fatto sugli altri: sono questi i veri satanisti. Infatti, permettono alla mia società di stilare, alla fine di ogni anno, un bilancio davvero brillante.-

-Ho capito. Domanda finale. Mi parli della fine del mondo.-

Arnaldo Behemoth mostrò il sorriso migliore. Un suo canino brillò al riflesso della luce solare che entrava dalla finestra.

-La pubblicità avversaria ha fatto del suo meglio per descrivere la fine del mondo come un evento memorabile. Con merchandising, pupazzi, magliette e popcorn annessi. Non ci saranno combattimenti tra il nostro capo e quello della Ditta Concorrente, non ci saranno morti, il cielo e le stelle non cadranno, i quattro cavalieri non arriveranno dalla notte, Babilonia non verrà distrutta. Non succederà nulla di tutto questo.-

-Come sarebbe a dire che non succederà nulla di tutto ciò?-

-Vuol dire che non succederà assolutamente nulla. La fine del mondo per gli uomini giungerà quando l'ordine verrà stabilito dalla noia. Nessuno saprà più cosa fare. Nessuno farà più nulla: non andrà più a lavoro, non andrà più al parco, non andrà più al cinema, non andrà più a giocare a pallone.Insomma, ognuno, uomo o donna che sia, se ne starà in casa, seduto al tavolo del salotto a fissare il muro e si chiederà: “Qual è lo scopo?”. Sarà una sorta di “suicidio mentale” di massa, nessuno troverà più la motivazione di proseguire la propria esistenza. Da lì in poi, per una volta soltanto, la mia azienda e quella Concorrente collaboreranno insieme con l'unico obiettivo di fare tabula rasa. Ripartiremo da zero, ancora con l'uomo. E sapremo già che mancherà qualche pezzo, perché in fondo, voi siete come mobiletti acquistati all'IKEA -.

-Bene signor Behemoth. La ringrazio per l'intervista che mi ha concesso e sinceramente spero proprio non di non incontrarla di nuovo in futuro.-

-Si sta riferendo all'Inferno? Non bisogna andare poi tanto lontano per trovarlo. L'inferno è qui: guardi la fame nel mondo, la guerra, gli ingorghi stradali, le bollette telefoniche, le cene con la suocera, la birra annacquata, la musica pop contemporanea; capirà di cosa sto parlando.-

Ci stringemmo la mano. La sua era rossiccia, tutta ricoperta di caldi peli nerissimi. Le unghie erano molto curate.

-A non più arrivederci allora.- dissi.

-E' quello che crede lei. Ci incontreremo di nuovo in svariate occasioni. Solamente non se ne renderà conto.-

Di nuovo il botto e la nuvola di zolfo.

Arnaldo Behemoth se ne era andato via come era giunto nella stanza.


E@

sabato, gennaio 13, 2007

Nuovo Link...

Ciao gente.
Nei link ho aggiunto il blog di un gruppo emergente della nostra benemerita cittadina.
Loro sono i "Violenza Gratuita".
Dateci un'occhiata e commentate, commentate, commentate...Sia da loro, sia da me.

Ciao a tutti e bevete birra.

E@

mercoledì, gennaio 10, 2007

Job's Bar 5 (1^ parte)

Chi l'avrebbe mai detto che Lester, l'eterno proprietario del Job's Bar sarebbe stato un abile esperto di marketing?
Ero ancora lì, seduto su quello sgabello in vera pelle di ornitorinco afghano quando mi disse, entusiasta, con il suo sorriso da venticinque denti (sette ne aveva persi in una rissa nel lontano 1984):

    - E se ampliassimo la clientela del bar? -
    -Fa un po' te. Io certo non ci guadagno qualcosa.- risposi ispirato dal Bloody Mary che era in mano mia.
    - Ho trovato! - Esclamò Lester con sguardo sognante proiettato verso la vetrina del Bar, appena lucidata da Gianmarco, il garzone.
    - Organizzerò un torneo di videogame. -
    - Ma cosa è un torneo di “videogheim”?- chiese Celestino, pensionato ottuagenario con tanto di amaro del carabiniere, rigorosamente sull'attenti.
    - È un'opportunità di avere un po' di pecunia in più nel registro di cassa! - Rispose Lester, con un espressione decisamente diabolica.


I giorni seguenti passarono con una massiccia opera di promozione dell'evento. Per le strade venivano diffusi volantini, alle fermate degli autobus venivano incollati manifestini e Lester, ogni volta che entrava qualcuno, diventava una sorta di annunciatrice televisiva:

    - Avvocato Buozzi! Buongiorno! Il solito caffé? Certamente! Era lei che aveva quel nipotino di sedici anni? Ah sì? Benissimo! Gli dica che questo fine settimana il mio bar organizza un torneo di videogame! A cosa si gioca? “Tempesta di sangue 4”. Mi sono informato presso alcune riviste specializzate e pare che sia uno dei giochi migliori attualmente in circolazione. Come si vince? Beh, è facile; vince chi totalizza il punteggio più alto eliminando più mostri e demoni.-


Logico quindi che quel fine settimana, il bar fosse pieno di adolescenti corredati da brufoli d'ordinanza, ragazzotti in carne (o meglio in ciambella), fighetti figli illeggittimi di Tony Manero, ventenni sbarbatelli e ventenni che dimostravano un'età decisamente maggiore (con gran piacere di Ernesta, la cassiera della profumeria di fronte al Bar) e trentenni nostalgici dei vecchi tempi, quando ancora non erano ancora al guinzaglio di mogli o morose.


Tempesta di sangue 4” era un gioco di ruolo dallo scopo relativamente semplice: bisognava uccidere il maggior numero possibile di mostri, demoni, spettri e streghe della palude per totalizzare il punteggio più alto.

Per soddisfare tutti gli iscritti al torneo, Lester, i vecchio volpone, aveva noleggiato un numero discreto di consolle “Gheimstession” (il noto prodotto elettronico metà olandese, metà bolognese) e di monitor per visualizzare le gesta dei videogiocatori convenuti.

A iscrizioni concluse, gli occhi di Lester recavano il simbolo del dollaro: segno che l'iniziativa era andata a buon fine.
A differenza della solita tribuna di superalcolici, passai il tempo a contemplare la battaglia per la vittoria finale.
La lotta era serrata e l'agonismo, se tale si può definire, era davvero sentito: lo si poteva vedere nelle espressioni di rabbia degli sconfitti, nei rivoli di sudore che scendevano dalla fronte di quelli che erano passati per il rotto della cuffia dopo una lunga lotta e nelle urla cavernicole di giubilo dei vincenti.

Dopo una lunga battaglia dall'esito più volte incerto, il vincitore della competizione fu il giovane Formigoni, 17 anni. Viveva a poche centinaia di metri dal bar.

Al termine del torneo, Lester allestì un rinfresco con la collaborazione della “Pasticceria Schioppabuoi”.

Tutti se ne andarono a casa belli contenti e festanti per avere passato in compagnia il fine settimana e con qualcosa in più per affrontare bene il lunedì.

Anche se nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo di lì a poche ore.

Il giorno seguente mi presentai, puntuale, alla mia postazione, con un marsala da una parte e il “Gazzettone Locale” dall'altra che a caratteri cubitali titolava:

    - Tragedia! Omicidio-suicidio nel quartiere! -

Stentai a credere a quanto avevo appena letto. Solitamente gli articoli più interessanti del lunedì mattina erano legati alle truffe del fruttivendolo e ai risultati sportivi (scarsi) dell'Atletico Gambarotta, la squadra della città.

Ma quella volta, evidentemente, era diverso. Lessi l'articolo di cronaca nera.


La morte ha preso casa nel nostro pacifico angolo di città. Ieri sera, il giovane Alcide Formigoni, 17 anni compiuti da due mesi, ha ucciso la madre e il padre, rispettivamente 35 e 40 anni. La donna è stata strangolata a mani nude, mentre l'uomo è stato accoltellato al ventre.

Preso dall'eccitazione del duplice omicidio, il giovane ha assunto una quantità di farmaci che l'avrebbero portato all'avvelenamento e, successivamente, alla morte. Il ragazzo aveva appena partecipato a un torneo di videogiochi presso un bar che si trovava nelle vicinanze. “Tempesta di sangue 4” era il gioco in questione. Un gioco il cui fine è uccidere il maggior numero di creature nel peggior modo possibile per raggiungere il punteggio migliore. Palese l'influenza negativa di ciò sul giovane che, nel mondo reale, ha pagato il “Best Score” con la vita.

Ripiegai il giornale con stizza, lasciai il denaro per Lester.

    - Beh? Dove te ne vai? - chiese.
    - Scusami. Ma a leggere certe stronzate mi viene il voltastomaco. - risposi uscendo dal bar.