mercoledì, ottobre 17, 2007

Autobus Vol 2

{ATTENZIONE! Se credi che i Finley siano la rinascita della musica italiana, che i Tokyo Hotel facciano del rock pesissimo e che la dicitura MCR significhi My Chemical Romance, e non Modena City Ramblers, allora smamma, pivello! Questo post è troppo serio e socialmente impegnato per un bimbo di 12 anni come te. Se la cosa non ti va giù, puoi andare direttamente a piangere dalla tua mamma!}

Tempo da cani. Pioveva a secchiate. Fortunatamente ero in autobus, seduto in fondo, come sempre. Il mezzo pubblico si fece largo a spallate nel traffico per poi accostare a destra, presso la fermata.
Salì una signora anziana, probabilmente con più di quattro quinti secolo sulle spalle.
Era molto minuta e il suo abbigliamento rispecchiava lo stereotipo della nonna proprio dei fumetti: gonna pesante lunga, di tessuto così fine che avrebbe potuto essere di caprone; maglioncino caffè-latte lungo, quasi a diventare un tutt'uno con la gonna, foulard a cingere il capo, per proteggerla dal freddo pungente di quella giornata fetente.
Non sembrava malata di qualcosa, tipo di quei morbi bastardi che ti devastano gli ultimi tempi dell'esistenza. La lentezza dei movimenti e la delicatezza con cui la sua mano accoglieva la ringhiera per reggersi in piedi non mi fecero balenare in testa il concetto di “Pieno vigore fisico”. A piccoli passi, si mosse lungo il corridoietto del bus fino a sedersi di fronte a me. Mi radunai un po', cercando di apparire meno stravaccato.
Tornai a guardare fuori dal finestrino, a vedere quello che stava succedendo all'esterno di questo umido scatolone su quattro ruote.

Di tanto in tanto, la coda del mio sguardo impertinente andava a stuzzicare la mia vetusta compagna di viaggio.
Il tempo era inevitabilmente passato sul suo viso con dei mezzi militari cingolati. Ma le aveva lasciato intatti gli occhi. Dannatamente azzurri, di un'altra epoca; occhi che racchiudevano quella forza che il corpo non le permetteva di esprimere. Occhi che mi riportavano a stagioni passate, che io, in qualità di sbarbatello ventenne, ho sempre e solo sentito raccontare. Dai miei nonni, dalla campagna tra i frutteti , dalle stradine del centro, dalle caldarroste del parco. Stava osservando il paesaggio di semafori e luci anabbaglianti. Io continuai a contemplare i suoi occhi, con quello spirito di riverenza e rispetto con cui ci si dovrebbe accostare a un quadro, badando bene a non violarne la sacralità e a comprenderne il messaggio.

Io sono ancora qui
Nonostante tutto
Nonostante tutti
Nonostante il meglio sia già passato
Io sono qui
finché mi rimane
un cucchiaino di energia
un tortellino di forza
un cicchetto di voglia
Io sono qui
fino a quando
le danze si chiuderanno
e tutti i convenuti applaudiranno
entusiasti e sorridenti
la banda di musicanti
Io sarò qui

Dentro di lei, finii di sfogliare quel libro rivestito da una sottilissima pellicola di malinconia, poi lo richiusi delicatamente.
Tornai, ancora una volta, a pensare ai zozzi affaracci miei: non mancava tanto alla mia fermata e più tardi avrei avuto allenamento di calcetto.
Dopo qualche istante, la signora si alzò dal suo posto, senza preavviso, e si diresse verso l'uscita. Sembrava indispettita, irritata.
Come se qualcuno avesse messo in disordine gli scaffali della sua libreria.

lunedì, ottobre 08, 2007

Autobus Vol 1

{ATTENZIONE! Se sei una persona sensibile, benpensante e ciellina non leggere questo post! In questo raccontino del piffero mi sono divertito da matti a fare lo sporcaccione e lo zozzone quindi potresti non gradire quello che vado ad esporrre. Altrimenti continua pure a tuo rischio e pericolo. Io ti ho avvisato. Poi non andare a piangere dalla mamma.}

Non ero seduto in fondo al bus come solito. Ero mediamente avanti. [Si può scrivere “mediamente avanti”? Non lo so, lo scrivo lo stesso.]
Beh, sta
di fatto che mi stavo tranquillamente appisolando sul seggiolino quando, a una fermata, salì una donna graziosa.
Era chiaramente dell'est, sulla trentina abbondante ed era alta un soldo di cacio.
Bionda liscia fino alle spalle, abbastanza carina di viso.
Un petto aggressivo, sull'attenti, e un paio di jeans che insaccavano un culetto bello tondo, tutto da mordere. Per non parlare poi degli stivali di cuoio.
Mani in alto, gente!
Vagabondò un po' per il bus, poi presela saggia decisione di sedersi di fronte a me.
Trasportava due borsette e una busta da profumeria: un po' troppo per le sue manine piccole.
Comunque doveva passarsela bene visto l'orologiazzo che le fregiava il polso.
Si tolse la giacchetta discotecara, sicuramente di marca. In quel momento, però, non ci feci molto caso perché la mia compagna di viaggio rivelò una maglia color crema pasticcera decisamente aderente. Non capii cosa stesse accadendo perché i suoi seni diventarono dei veri pezzi di artiglieria pesante.
Solitamente, un bagaglio eccessivamente vistoso può risultare grottesco e pacchiano per chi lo porta. Invece, per questa signorina (signorina, niente fede all'anulare) tutto calzava alla perfezione.
Ero visibilmente frastornato.
Non è mai un bene essere aggrediti così a bruciapelo, alla mattina presto.
Provai a ribattere a questa poderosa offensiva con un sorrisetto di circostanza.
Niente da fare.
Il sangue stava migrando dal cervello grande al cervello piccolo.
Fortunatamente avevo la borsa sulle ginocchia.

La difesa si salva in rimessa laterale” commentò il telecronista immaginario della mia testa vuota.
Lei tirò fuori il cellulare da una delle sue cinquantasette borse. Sembrava piuttosto nuovo.
Cominciai a pensare che avesse meno di trent'anni.

Vuole sedersi?” Chiese a una signora anziana che stoicamente resisteva alla guida turbolenta dell'autista.
Purtroppo, non aveva una bella voce: sebbene non fosse gracchiante, era un timbro da lana di vetro, ferramenta e mani masticate da chiavi inglesi e pinze.

Così perdi punti, dolcezza” pensai tra me e me, con sguardo da volpone.
Insomma, non mi diceva nulla come donna, però mi suscitava delle buone sensazioni a livello pubico.
Si rimise la giacca e la sua milizia tornò in posizione di riposo.
Scese nei pressi del policlinico.
Con lei quella stupenda ragazza di colore salì sul bus con me, alla mia stessa fermata.
Davvero una bellezza superba, un metro e ottanta, ricoperta di jeans: l'avrei vista bene in sella a una motocicletta, se non fosse stato per il paio di ballerine ai piedi.
Di solito, le donne di colore hanno un viso potente, tutta sostanza, con pochi fronzoli.
Invece, lei era adorabile, fine, fanciullesco. Lo sguardo era grazioso, ma allo stesso tempo fiero e determinato, da vera e inimitabile valchiria d'ebano. In tenuta da principessa guerriera non avrebbe affatto sfigurato.
Purtroppo non si sedette nelle mie vicinanze.
Così, non ebbi la possibilità di effettuare un'indagine approfondita con il mio occhio clinico.
Come per la signorina dell'est.

venerdì, agosto 24, 2007

Job's Bar 6 (part 3)

- E cosa avresti fatto tu, scusa? - Chiese Lester asciugando un boccale con un burazzo, aggrottando così tanto la fronte da fare sembrare il suo viso una maschera grottesca teatrale.
Anche a questo giro, ero sempre piazzato sul mio inseparabile trono, lo sgabello in cellophane di elefante.
- Te l'ho detto, gli ho tirato un cazzotto dritto sul mento. E gliel'ho tirato anche bene!- Con orgoglio mostrai parte della mia dentatura lievemente ingiallita, come sorrisetto.
- Io ti conosco da un po'. Fino a ieri non ti avrei neanche visto dare un calcio a un cappone. Ora ti trasformi in un giustiziere. Ciò vuol dire solo una cosa...- Sentenziò l'esperto barista.
- Sentiamo, oh bocca della verità - Ero pronto ad accogliere l'ovvietà del padrone del Job's Bar. Nel frattempo giocherellavo con un salatino a forma di sassofono.
- È chiaro che tu sia perso totalmente di questa qui... Come hai detto che si chiama?- Il suo sopracciglio si alzò così tanto che gli arrivò dietro la nuca.
- Alina, te l'ho già detto trecentoventisette volte.- la mia risposta non poteva che essere rassegnata.
Pino, pensionato pluri-ottuagenario, si destò dal suo torpore dettato da ingenti dosi di quotidiani sportivi e Cynar (più Cynar che altro), si alzò in piedi dal suo tavolo ad angolo, sotto la foto di Eddy Merckx. Si alzò e con il bastone improvvisò qualche passo di danza.
- Oh Alina, d'oriente la più carina!- esclamò l'improbabile ballerino.
- Carina non c'è dubbio. Speriamo almeno che non sganci i tuoi stessi peti- gli dissi, allungandogli una pacca sulla spalla.
- Spera bene giovanotto. Altrimenti moriresti tra atroci sofferenze- detto ciò, tornò a sedersi, non dopo una bronza del sesto grado della Scala Richter (crollo di case, panico generale). Noi del bar ci eravamo abituati, quindi non ci scomponemmo più del necessario.
E così anche stavolta tornavo a casa a piedi, stordito, con lo sguardo spento, sempre sul solito marciapiede.
Chissà dov'è ora, chissà cosa starà facendo, mi starà pensando?
Cristo! Che ragionamenti da bimba dodicenne ascoltatrice di quelle boyband che tanto ti fanno battere il cuoricino.
Risi fragorosamente di me stesso.
Un'anziana signora mi guardò storto e sembrò puntarmi con il suo infimo chihuaha.
Un ammasso minuscolo di pelle e ossa che cominciò ad abbaiarmi contro con una certa grinta.
- Cosa vuoi da me? Lo sai benissimo che non ti toccherei neanche con un fiore!- Gli dissi amorevolmente piegandomi verso di lui.
- Screanzato!- Fece indignata la signora tirando verso di sé il suo pupillo.
A passi brevi e ben calibrati mi riavviai verso casa.
E vuoi che non ci sia ancora una volta lei davanti alla porta di ingresso?
Da sola però. Molto meglio.
Una scarica di adrenalina al cervello mi prese a schiaffi e svegliò anche qualcun altro nei miei pantaloni da mercato cinogiappokoreano. Fortunatamente la mia lucidità tornò ad essere a livelli accettabili pubblicamente.
- Buonasera Alina!- la salutai con un espressione da vero micione. Come di quei gatti neri, straordinariamente grossi e polposi, che sanno solo giocare con dei gomitoli di lana rossi.
- Complimenti per il tempismo. Avrei giusto bisogno di qualcuno con le braccia forti.- disse con quell'aria sbarazzina che non può far altro che mandarmi in brodo di giuggiole.
- Perché? Non vedo nessuno da prendere a pugni.- Risposi guardandomi in giro, cercando qualche altro cafone da malmenare.
- No. Guarda per terra.- Mi indicò sul marciapiede delle borse della spesa, clamorosamente piene.
Non avevano un bell'aspetto. Tra me e quelle buste ci fu uno scambio di sguardi che non prometteva nulla di buono.
- E come sono arrivate fin qua?- interrogai la teste.
- Con la macchina, no?- Mi indicò una macchina terribilmente vecchia che aveva più anni di lei: una Yugo Vastava. Non potei che rimanere affascinato da un simile reperto archeologico.
- Ehi! Non hai mai visto un fossile del Pleistocene?- ridacchiò delicatamente con quella boccuccia deliziosamente deliziosa... Sì, ero proprio partito, non capivo più niente.
- Spiritosa e anche con minimo di base culturale! Bene Alina, da brava ragazza educata, come si dice?- Mi avvicinai a lei e mi feci imponenete grazie ai miei centimetri.
Lei si allungò sulle punte dei piedi, si aggrappò ancora una volta al bavero del mio impermeabile, fece degli occhioni dolci da annegarcisi dentro, morire, rinascere e ripetere all'infinito, sollevò la gamba destra all'indietro, come per prendere slancio e saltare.
Molto timidamente, con i palmi delle mani le sfiorai i fianchi, solo per evitare che perdesse l'equilibrio. Mi sentivo, per come dire, strano. Non che fossi imbarazzato, anzi, solamente mi sembrava tutto così particolare, inusuale, che ero innaturale, bloccato.
- Per piacere me le porteresti su in casa?- “Implorò” lei.
- Non mi va mica bene che tu prenda così tanta confidenza. Per niente- In verità ero semplicemente in estasi.
Senza perdere altro tempo in facezie, mi chinai e le mie mani tozze afferrarono senza pietà le buste di plastica a gruppi di tre.
Stavo morendo dalla fatica. Non avrei mai creduto che in così poco spazio potesse stare così tanta roba.
- Io non ci riesco a portarle su in casa. Ma vedo che per te non sono un problema.- Osservò Alina.
- No, no. Non ti preoccupare.- Risposi spavaldo, con il cuore ormai prossimo all'esplosione.
Fu un'originale rivisitazione della Via Crucis.
Uno sciagurato vessato da codeste maligne sportine, schernito anche dai marmocchi del terzo piano, portava, con le sue esauste braccia, enormi pesi fino alla tanto anelata redenzione finale.
Credevo che nel mio condominio ci fossero meno rampe di scale.
Dovetti sudarmi ogni singolo gradino sino al portone del suo appartemento.
Gliele posai davanti all'entrata.
- Grazie mille! Non ti scomodare a portarle dentro. Qui ci penso io.- squittì la mia dolce Alina.
Mi diede un bacetto sulla guancia, come quando si hanno quattro anni e si ha la prima fidanzatina alla scuola materna.
Ero proprio tornato bambino.
- Ciao e grazie ancora.- Iniziò a portare dentro le borse. Una busta per volta.
- Beh, sei hai bisogno di qualcos'altro fammi un fischio.- Ormai sulla fronte avevo scritto “Benvenuti”.
Mi accomiatai e me ne tornai nella mia spelonca, barcollando un po' per la fatica, un po' per la sbornia dovuta al suo profumo francese di marca.


E@

lunedì, agosto 20, 2007

Job's Bar 6 (part 2)

Quando sei su di giri per una donna sei inevitabilmente molto più rincoglionito.
È ovvio; le cose ti sembrano diverse dal solito, spesso migliori.
Persino quella birra di bassa lega presa dal market pakindianafghano ti sembra più gustosa.
Anche quel barbone, che solitamente rimette sulla panchina del parco, sembra sorriderti al tuo passaggio.
Guardi per terra, alla ricerca di qualche centesimo, trovi ben mezza cucuzza. Una fortuna!
Ti accorgi anche di come i germogli che emergono dal duro asfalto siano molto più verdi della norma.
Per non parlare poi di quando ai cancelli dei magazzini di anime inscatolate, i palazzoni dormitori, trovi fiori alti mezzo metro e passa, rossi, pulsanti di vita, che se ne fregano di essere su un zozzo marciapiede mentre ce ne sono altri che se le spassano in una confortevole serra di prima categoria, con procaci donzelle pronte a innaffiarli al minimo accenno di sete.
Se n'erano accorti anche quelli del Job's Bar che camminavo a un metro da terra.
Lester, dal suo banco, mi scrutava con fare clinico.
- Se non ti conoscessi, direi che tu sia caduto dal seggiolone. Ma il tuo sguardo ebete parla da sé – disse riponendo l'amaro nel ripiano.
Con la mano stavo facendo danzare un bicchiere di Braulio, ovviamente ero sempre seduto sul mio sgabello foderato di pitecantropo.
- Beh, è la mia vicina di casa. Sinceramente non saprei proprio descrivertela. È graziosa. È fresca, elegante. L'ho sentita parlare al telefono. Non sono riuscito a capire nulla del discorso, ma la sua voce non era di quelle gallinacee, pigolanti e fastidiose, e neanche da cornacchia come una grattata del cambio della macchina. Era flautata, ammaliante... - risposi, fantasticando sul come sarebbe stata nuda nel mio letto.
- Siccome non posso dirti di bere di meno, visto che sei tra le mie principali fonti di reddito, posso solo dirti di fumare di meno. Sempre che tu faccia uso di droghe. No? - chiese Lester, alzando il suo sopracciglio sinistro, cisposo più che mai.
- No, vecchio. Lo sai che sei l'unico in assoluto. - Ammiccai con una bozza di sorrisetto beffardo.
Quel giorno scelsi di tornare a casa a piedi più presto del solito.
Le nuvole non promettevano nulla di buono ed io ero senza ombrello.
Mancavano poche decine di metri dal cancello di casa quando la vidi.
Era esattamente di fronte al cancello di ingresso.
Non era sola.
Inizialmente mi prese la tristezza.
D'altronde non poteva essere altrimenti. Una così è difficile che sia a piede libero.
Poco male.
Anche se l'amaro in bocca restava sempre e comunque.
Con lei, un baldo, ben oltre la mezza età, munito di abbronzatura ben oltre i parametri permessi dalla legge, occhiali da sole in materiale extraterrestre e quattroruote fuoriserie, forse un prototipo giapponese.
Stavano discutendo animatamente.
Lui le urlò qualcosa e le diede una sberla tale da farla cadere a terra.
Questa no.
Non esiste.
Non posso fare passare liscia una cosa del genere.
Ecco a voi “Super Beer”, il super-eroe direttamente dal Job's Bar. Forgiato dai migliori malti e luppoli della baviera, dalle migliori grappe anglosassoni e dalle più pregiate vodke degli Urali.
Gonfiai il petto e non ci pensai due volte a intervenire.
Il mio pugno destro si chiuse, divenne duro come il diamante e le nocche si infransero rovinosamente contro il mento di questo riccastro da strapazzo.
Accusò il colpo.
_ Stronzo, fatti i cazzi tuoi! _ Fece quello tornando verso la portiera del guidatore.
_ Fottiti _ risposi con cavalleria.
_ Sta attento, brutto piglianculo, che la pagherai!_ minacciò quello puntandomi contro l'indice.
_ Torna pure, ti aspetto con una bottiglia di Dom Perignon._ sorrisi allargando le braccia come a volere accoglierlo nuovamente.
Il giovane miliardario di quarantacinque anni se ne andò sgommando con il suo macchinone e mi seppellì con il suo smog da novantanove ottani.
Feci un paio di colpi di tosse. Un incrocio pittoresco tra un gattino bagnato e un settantacinquenne catarroso affetto da polmonite.
Con lo sguardo seguii l'auto rombante scomparire dietro l'angolo poi mi girai verso di lei.
Si avvicinò e mi prese per il risvolto del mio impermeabile liso.
- Grazie! - esclamò raggiante - Era ora che qualcuno gli facesse vedere i sorci verdi a quel figlio di buona donna. -

- Figlio di buona donna? Io non sarei così generoso con lui. - risposi ammirando le sue forme racchiuse in un vestito firmato, eccessivamente sobrio per il suo corpo.
- È davvero difficile trovare qualcuno disposto a rischiare dei lividi per una che neanche si conosce. Tu che dici? - chiese uccidendomi con quegli occhi da cerbiatta.
Ero in paradiso.
Nonostante ciò, il mio aspetto esteriore di reduce da bar lasciò trasparire poco o nulla.
- Beh, sono un personaggio un po' particolare, che ci vuoi fare. - risposi con atteggiamento da Humphrey Bogart dei poveri.
Mi mancava solo il sigaro e il cappello. Per il resto sarei stato perfetto. Vabbé, mi mancava anche la barba fresca di rasatura.
- Direi di averti già visto. Per caso anche tu abiti in questo condominio? - Chiese, quasi saltellando, come una bambina a cui si dava il regalo di compleanno.
- Sì, interno 21, dolcezza. - risposi con voce calda. Calda, come un minestrone di verdure.
- Ehi, sei molto vicino al mio. Io sono al 23. E poi non chiamarmi dolcezza. Lo detesto. Se mai, Alina. - Mi porse la mano per stringere la mia, la stessa che aveva respinto quel maiale di prima.
La presi delicatamente, assaporai con gli occhi quella mano pulita e profumata, mi chinai e gliela baciai, facendo finta di sfiorarla appena con le labbra.
- Madamigella Alina, al suo servizio! - Un cavaliere mediavale, fatto di vestiti vecchi, polverosi, con un lieve puzzo di bere come suo fido scudiero, si mise così agli ordini della sua dama.
Lei rise, ma non fragorosamente. Non disturbò il vicinato con del chiasso inutile. Era una risata più unica che rara, inimatibile anche dal migliore falsario di dipinti d'autore.
Mi presentai. Fornii le mie scarse credenziali.
- Grazie, di tutto. Ora vado su. Ci vediamo presto, va bene? -
- Va bene dolcezza, ehm... Katrijna! Ci becchiamo - La salutai così e contemplai i suoi polpacci sinuosi e guizzanti mentre saliva le scale dell'ingresso del mio palazzotto e il suo vestito svolazzare e accarezzare le sue cosce.
Pochi istanti che durarono un'eternità.
Non so se fu per smaltire la sbornia o per fare un pattugliamento degno di un soldato che feci il giro dell'isolato prima di tornare su in casa.
Sta di fatto che, quando misi piede sulla soglia dell'ingresso, una scintilla mi fece sentire molto più rincoglionito.


E@




sabato, giugno 23, 2007

Job's Bar 6 (part 1)

Oggi niente Job's Bar.

Lester aveva chiuso poiché avevo deciso di prendersi un giorno di pausa.
Vado a visitare i miei parenti di Cà Omaso e San Abomaso” ci aveva detto tutto bello contento, forse per il fatto di non dovere passare la giornata ad asciugare bicchieri e a servirci i soliti cocktail.
Così rimasi a casa.
O meglio nella mia spelonca, la mia tana che era ubicata presso il condominio “Gelsomino” di Via Bagutti.
Non era un appartamento grandissimo, diciamo che era più che adatto per me che vivevo solo, senza donna e prole a seguito.
Aveva tutto ciò che uno stordito di mezza età single potesse desiderare: un divano in contemplazione del televisore, un ampio frigorifero e un letto sempre pronto all'azione.
Spesso quest'azione consisteva (per me) nel girarsi e nel rigirarsi in continuazione, cercando la posizione giusta per catturare il sonno.
La mia reggia non tastava da molto un vero profumo femminile, che so, di vaniglia, oppure una particolare fragranza francese, di marca, esotica, che ti accarezzasse il mento come a scherzarti o a volere invitarti a ballare.
Quello era un buquet decisamente “maschio”: scarpe lasciate a prendere aria in giro per il pavimento, calze fuggiasche dalla rispettiva compagna e canottiere vagabonde aggrappate alle sedie della cucina. Per non parlare poi dei pericolosi esperimenti chimici delle stoviglie sporche abbandonate al loro misero destino nel lavabo, in attesa di un lavaggio rimandato a data ancora da destinarsi.
Inoltre, poco tempo fa, avevo avuto l'invasione delle vespe. Allora i vigili del fuoco mi imbottirono i cassettoni delle persiane di quintali di pallette di naftalina.
La mia divina Versailles sapeva così di pensionato novantenne in fila da tre ore ai sportelli della previdenza sociale.
Semplicemente un dramma.
Così mi rimboccai le maniche e presi l'ardua decisione di rimettere in ordine, per provare almeno a dare una parvenza di pulito, se non altro di decenza, a quello che era il mio territorio, il mio regno.
Compilai una lista delle cose da fare:

  • Nascondere in modo più accurato i numeri di “Tette e motociclette”. Ordinarli per numero e sistemarli in una scaffalatura facilmente reperibile
  • Posizionare una scaffalatura in bagno

  • Racattare tutti i vestiti sporchi, ammucchiarli e metterli in lavatrice accendere un falò

  • Lavare i piatti e le posate

  • Ricordarsi di lavare i piatti e le posate con una fiamma ossidrica

  • Raschiare dal pavimento la patina di sporco (É un peccato, perché dà quel tocco in più di vissuto)

Iniziai di gran lena i lavori.
Seppi poi successivamente, da alcuni miei vicini, che si erano sentiti dei rumori non proprio rassicuranti provenire dal mio appartamento.
Colpa della scaffalatura che mi era caduta sul piede (provocando un'inondazione di offese a tutte le divinità della storia dell'uomo) o al lavabo ventriloquo della cucina? Mmh... Chissà.
Comunque sta di fatto che, a un certo punto, preso dallo sfinimento dalle posate che non volevano proprio saperne di scrostarsi da sole, mi convinsi a gettarle virilmente fuori dalla finestra.
Uscii baldanzoso sul terrazzo, che poi era un misero davanzale di mezzo centimetro quadrato, con un fossile di geranio ad adornare il tutto.
Avevo in mano la bacinella piena di stoviglie.
Mi ero assicurato che sotto non ci fosse nessuno.
Tanto giù al piano terra c'era solo una steppa di asfalto e sarebbe dovuta servire come parcheggio. Più tardi sarei andato a recuperare e a gettare il tutto nel cassonetto mangiarifiuti. Volevo solo la soddisfazione di sfogarmi.
Tutto era pronto.

Per la Repubblica delle Banane e dei Tamarindi Riuniti, per la prova di getto della bacinella, si prepara l'atleta *** ***” strillò un altoparlante. E con esso il grido di una folla immersa in uno stadio immaginario nella mia testa.
La maggioranza del pubblico doveva essere sicuramente maschile dato che percepivo distintamente un fiato decisamente birroso provenire dagli spalti. Poi misi la mano a conca davanti alla bocca. Non era colpa degli spettatori. Ero io.
La rincorsa non era ne troppo lunga né troppo corta. Sulla mia strada non c'erano ostacoli. Potevo coordinare al meglio il mio gesto tecnico. Uno scatto breve seguito dallo sforzo intenso delle braccia nell'atto di gettare il proiettile il più lontano possibile.
Iniziai la rincorsa.
Era determinata, sicura, superba.
Niente e nessuno poteva fermarmi.
Ero ormai a poca distanza dalla soglia del terrazzo.
Le braccia iniziarono a contrarsi, la morsa delle mani si fece più stretta, come a volere strozzare la bacinella.
Un blocco.
Qualcosa mi bloccò. Arrestai tutto. Mi guardai attorno disorientato. Il pubblico iniziò a fischiarmi e a lanciare in campo oggetti: bottigliette, lattine, motorini...
Cercai di capire perché fossi andato in stallo.
Una voce. Una voce femminile, non calda e suadente, ma giovane e squillante.

Non mi sembrava di avere ospiti in casa” pensai, grattandomi finemente il deretano.
La voce proveniva dall'esterno, da fuori dalla finestra.
Stavolta mi affacciai con fare furtivo e guardingo, come un felino (un grosso felino, dato che non sono mai stato piccolo fisicamente ne, tantomeno, agile).
Alla sinistra del mio terrazzo ve n'era un altro, appartenente a un interno diverso dal mio.
E leggermente appoggiata con i gomiti alla ringhiera, vi era una ragazza, una gran bella ragazza (sia ben chiaro), che stava conversando al cellulare.

Ottimo! Una bella patacca di vent'anni! Ecco di cosa avrebbe bisogno un vecchio sporcaccione del mio livello!” Dissi tra me e me, alzando con veemenza il sopracciglio sinistro. Solitamente ciò consisteva in un segno di approvazione.
Continuai a spiarla, nascosto dietro l'anta della porta-finestra. Mi sentivo un po' in colpa ma non riuscivo a farne a meno. Forse perché era davvero troppo bella.
Il profilo, grazioso, truffaldino, gentile e quel naso all'insù che faceva prurito al cuore (e forse anche altrove) erano accompagnati da una bocca agile e morbida. Doveva avere un sorriso ammaliante, in cui perdersi, abbandonarsi e mandare a fanculo il mondo. Non le mancava certo la parlantina, anzi. L'accento però non mi pareva delle mie parti (ruspante e passionale) ma di un paese straniero, forse dell'est.
Poi quella magliettina verde corta che lasciava intravedere l'ombelico e quegli shorts che lasciavano in bella mostra le sue cosciottine... Era decisamente troppo per le mie più che provate coronarie.
Come a pigliarmi per i fondelli, ci si mise anche un venticello leggero, al retrogusto di smog e acciaieria, a smuoverle i lunghi capelli castani chiari mossi che, di tanto in tanto, scendevano a stuzzicarle il collo candido.
Avrei voluto morderlo, graffiarlo, farlo mio.
Mi addentai sgraziatamente il labbro per cercare di mantenermi sulla terraferma.
L'inquinamento creava un originale e simpatico effetto “Arizona”, nel senso che la temperatura atmosferica si avvicinava sempre di più a quella della Valle della Morte. Anche la mia si stava alzando.
Percepii questo incremento nel contemplare la curva geometricamente perfetta, che formava la sua schiena con il sederino e le gambe.
Fui ipnotizzato dalle sue caviglie, sottili e leggere, fatte apposta per volare, o in cielo tra le nuvole o tra le lenzuola. Per me non avrebbe fatto molta differenza.
Nel frattempo, gli spettatori venuti ad assistere alla mia prova stavano sfollando lo stadio compiendo gesti osceni a mio indirizzo e invitandomi a visitare località poco eleganti.
Avevano capito che quel giorno non ci sarebbe stato nessun getto di bacinella dalla finestra.


E@

venerdì, giugno 22, 2007

Importante novità!!!

Apre un nuovo blog!
  • MARGHERONCAGLIA

  • Questo spazio è curato da me e da un altro personaggio misterioso del quale si sa ben poco.
    E' risaputo, quando si parla di religione in generale, il mistero è nella norma.
    Dateci un'occhiata e commentate!
    Ciau

    E@

    giovedì, giugno 21, 2007

    Radiocronaca Atl Balboa - Manonegra

    Ecco scaricabile la radiocronaca completa dei quarti di finale tra Atletico Balboa e Manonegra.

  • Primo tempo


  • Secondo tempo


  • Cronaca: Gabbro
    Commento tecnico: Luca Prandini

    Buon ascolto

    E@

    martedì, giugno 19, 2007

    Atletico Balboa vs Atletico CDR.

    La radio-cronaca dell'ultima partita del girone eliminatorio dell'Atletico Balboa è ora disponibile.
  • Primo tempo


  • Secondo tempo


  • Buon ascolto.

    E@

    sabato, giugno 16, 2007

    Un anno di blog! Nunc est bibendum!

    Il 15 Giugno 2006 apriva i battenti questo blog maldestro.
    Prese vita riproponendo un paio di vecchie mie scartoffie.
    Ora le cose vanno diversamente. Dopo un anno, il blog è invecchiato e, da gentile vinello qual era, sta diventando ora qualcosa di più corposo e sostanzioso.
    L'intenzione è quella di continuare l'esperienza. Poi vediamo cosa succederà.
    Doppio regalo per i miei 25 lettori!
    La radiocronaca dell'incontro di calcio a 6 tra Atletico Balboa e Longobarda, valido per il girone eliminatorio del torneo della Parrocchia di Santa Teresa.
    Cronaca: E@
    Commento tecnico: Luca Prandini.
    Intervengono anche: Simone Ferrari, Stefano Davoli e Gianluca Stazione
    Primo tempo: http://files-upload.com/302483/PrimoTempoAB-Longobarda.wav.html
    Intervallo e secondo tempo: http://files-upload.com/302535/IntervalloeSecondoTempoAB-Longobarda.wav.html
    Ogni file pesa circa 25 mega, quindi meglio che abbiate una ADSL o una grande pazienza a scaricare.
    Ma non è tutto!
    Oggi vi delizio anche con un'altra dimostrazione della mia limitatissima destrezza poetica. Il testo è tratto sempre dallo space di cui ho parlato nel post precedente.

    Saluti gente e bevete una Guinness ai miei esami
    e, soprattutto, al mio blog!


    Premessa: l'autrice si rattrista del fatto che sono in pochi quelli che commentano il suo space.

    Ordunque io sarei nessuno
    come un bovaro di Belluno
    Io che proprio non saprei mai cosa fare
    se non avessi il tuo blog da commentare
    Forse rincorrerei le anatre nel parco
    se non fossi sempre così stanco
    Forse camion di Pavesini mangerei
    ma senza dubbio obeso diventerei
    Forse passerei il tempo ad andare a donne
    e furtivamente guarderei sotto le loro gonne
    Comunque, Lucia cara, non ti crucciare
    che a breve ti porterò io sull'altare.
    Evitando strane elucubrazioni
    a proposito dei miei viaggioni
    non farti preoccupazioni, e
    non esclamare "che due coglioni"
    alla vista di queste parole
    che non avranno prole


    E@

    mercoledì, giugno 06, 2007

    Una poesia (improbabile)

    Appena tornato a casa decido di andare a scuriosare tra i vari spaces di alcuni miei contatti msn.
    Capita allora di finire in quello di una mia conoscenza del quartiere. Nota: ho detto UNA mia conoscenza, non UN conoscente. Il suo space è tutto di zenzero, molto dolce, cannelloso, con tutte le scrittine colorate. Soprattutto il suo ultimo post, dedicato al moroso. Si sa, quando si è legati a qualcuno il cervello (o quello che ne rimane o, addirittura, chi per esso) viene messo in cassa integrazione; succede, è successo anche a me, mi tornerà a succedere (forse. Mooolto forse). Tornando a noi, l'ultimo post scritto era dedicato al moroso, come "enunciato" in precedenza, e, anche, commentato dal medesimo.
    Tralasciando ogni opinione sul contenuto del commento, anch'io ho lasciato la mia traccia...
    Ecco qui sotto, quanto ho scarabocchiato su quel malcapitato space di msn.

    Oh Lucia
    Nei tuoi occhi di primavera aitante
    il luccio guizzante
    l'opossum infuocato
    il piccione alcolizzato.
    E' una gran danza della natura
    quella che su di noi dura
    la qual celebra sempiterna e
    la nostra unione a Canazei sverna.
    Rispettando la grammatica,
    per me una cosa automatica,
    con pochi puntini di sospensione,
    per non far il pistolone,
    scrivo "che" correttamente
    e non un "ke" demente,
    la sintassi poi te la impari
    non è roba da bricconi bari
    e poi lo sanno tutti
    perfino i farabutti
    che l'amore non è bello
    se non mangi il culatello
    Per ultima cosa
    perdonami mia sposa
    ho invaso questo luogo ameno
    con un componimento osceno
    Cordiali Saluti
    E@...In un momento di totale assenza di lucidità...

    venerdì, maggio 11, 2007

    Il festeggiamento.

    Dedicato a una mia amica verso la quale provo una grande stima... E niente di più, sia ben chiaro!

    Presso il magnifico palazzo reale di “Largo Florentia” si stava per tenere il più grande festeggiamento del paese.
    Era il compleanno dell'illustre principessa Sabrina, erede al trono della nobile casata dei Simonini.
    La giovine donna si era distinta per la sua carità e prodigalità verso i meno fortunati: grazie alla sua sterminata cultura e conoscenza (soprattutto in campo architettonico ed edilizio) ha provveduto alla bonifica delle paludi tobagesche e lì vi ha costruito nuove case in mattoni al posto dei vecchi tuguri. Da tempo era nota anche la sua infinita cultura: fin dall'età di sette anni è perfettamente in grado di discorrere di letteratura armena e allo stesso tempo di padroneggiare concetti di fisica nucleare. Inoltre ha contribuito a eliminare la povertà semplicemente eliminando i poveri grazie alla sua imponente milizia personale, costituita dagli amichetti di suo fratello, il gran ciambellano Valerio.
    L'atrio del palazzo era stato addobbato a dovere per la festa. I gatti dell'allevamento Pederzoli destavano un'ottima impressione: alcuni erano stati usati come festoni, altri erano stati impagliati, poggiati sui mobili e sistemati in pose oscene.
    Gli addetti ai fuochi artificiali erano quelli della ditta “Davoli & Cavalieri, esplosioni d'autore”. Avevano imbottito un vecchio Gilera di botti e altri giocattoli pirici in genere. Secondo i loro progetti, avrebbe dovuto prendere il volo da una rampa appositamente preparata, per poi disegnare in cielo la nobile silhouette della principessa.
    Sarebbe stato impossibile contare il numero degli invitati: vi erano ministri, diplomatici stranieri, generali dell'esercito, affaristi senza scrupoli, feudatari della potente famiglia e altre personalità che nel corso della loro esistenza hanno avuto il privilegio di rapportarsi con sua beltà.
    In libera uscita dall'ospedale psichiatrico, Chiara Sedoni si era presentata con la maschera di Hannibal Lecter e la camicia di forza dotata di fibbie in carbonio.
    Presente anche la deputata Daniela Greco, del movimento clerical cattolico oltranzista, in ambasce per sua sorella maggiore Claudia, partita per un viaggio in Patagonia.
    Non poteva mancare la contessa Giulia Bega, la nera signora di Varsavia, più dark che mai, con il suo compagno, il meticcio Giovanni Ferrari (detto anche Gioffe, Cioffe, Ciofle e Soufflé) appena tornato da un mega concerto live presso Budokan con il suo gruppo, “Mino Reitano & i Belli dentro”. Era da osservare il suo ciuffo, più ingellato e imbrillantinato che mai, resistente anche alla potenza di un tornado texano.
    Vi era anche una delegazione degli abitanti delle ex paludi tobagesche: Liliana Dondola, dedicatasi alla meditazione e all'eremitaggio presso l'insigne università di Reggio nell'Emilia, Fra Ferrari, family boy nonché reazione “cool” alle idee perverse di Federico Pinelli. Sempre di quell'area era anche la provocante Alice Sirotti, alchimista dei numeri e delle funzioni matematiche, e ormai brava donna timorata del Signore.
    Da paesi sconosciuti e lontani provenivano Maria Tognetti, fannullona d'eccezione in chissà quale facoltà a Bologna, Luca Prandini, noto donnaiolo e pilastro irrinunciabile del gruppo del quartiere, Laura Arletti, medico dedito a esperimenti malvagi su criceti e conigli (sempre prelevati dagli allevamenti Pederzoli).
    Reduce da una battaglia nello Jutland, Fabio Sentimenti si era presentato con elmo da vichingo e martello di Thor e con i vestiti ricoperti di borchie. Vero metallaro, da tempo era conosciuto a livello rionale per essere un buon batterista e, soprattutto, un suonatore provetto di kazoo elettrico.
    Non potevano certo mancare Gianluca e Alessandra, del noto duo “Gialle” in tournee con il loro omonimo spettacolo teatrale, recensito positivamente anche dall'irreprensibile Giorgio Albertazzi (non sai chi è Giorgio Albertazzi? Peggio per te! Ndr).
    Si faceva notare anche la risposta modenese a Paris Hilton, Federica Nasi, con un vestito interamente realizzato in pluriball e materiale da imballaggio. È l'ultima moda londinese; ha dichiarato a un giornalista ingrifato.
    A cercare di limitare i suoi eccessi mondani ci stava provando la saggia e intellettuale Giulia Venturelli, abbigliata con una toga di chiara foggia aristotelica.
    In tuta, invece, Marika Manelli, fresca di partita di basket a base di gomitate, pestoni e altri colpi scorretti. Con orgoglio ha mostrato ai convitati il suo tirapugni sporco di sangue e tre denti cavati a un'avversaria.
    Poi erano giunti anche diversi esterni che avevano portato diversi doni: uova di dodo, preziose sete cinesi, diamanti grezzi provenienti dal Congo Belga costati la vita a decine e decine di minatori, tappeti persiani cuciti a mano dai bambini più bravi a catechismo presso la parrocchia Santa Teresa, ma soprattutto rarità e stranezze avanzate dalla pesca della sagra di Baggiovara.
    Tutto era pronto. La servitù indossava l'uniforme delle grandi occasioni ed era così tirata a lucido che emanava luce propria.
    Gli invitati erano per la maggioranza ubriachi di Fernet e Dom Perignon e con trepidazione stavano aspettando lei, la sola, unica e ineffabile principessa Sabrina.
    A un certo punto, le luci si abbassarono e l'orchestra sinfonica di Mosca, diretta dal maestro Kalashnikov, iniziò ad intonare un brano per annunciare l'avvento della festeggiata tra i comuni mortali.
    Poi la visione!
    La sua grazia illuminò tutto l'atrio e il suo lieve sorriso fece il solletico al cuore a non pochi degli invitati.
    Sembra uscita da un film di Walt Disney, esclamò qualcuno. In effetti, la sua eleganza la faceva appartenere a un mondo etereo, immaginabile solo con la fantasia.
    Il suo vestito lungo di candor gigliesco lasciava intuire la morbidezza delle sue caviglie e il corpetto racchiudeva con discrezione la generosità delle sue forme, lasciando le spalle audacemente scoperte.
    Con fare benedicente, alzò la mano, dolce e graziosa, per salutare la folla festante e il suo carisma irraggiò tutta la sala.
    Semplicemente delizioso era il suo collo che era adornato da un capolavoro di oreficeria, un collier di platino, brillanti e oro bianco, dal valore inestimabile. Qualcuno svenne anche dall'emozione.
    E il viso... Che viso!
    Ci sono donne che per sembrare belle hanno bisogno di imponenti lavori di ristrutturazione a base di malte cementizie, creme, polveri e tinture varie.
    Ma poi ci sono quelle veramente belle che con una pennellata veloce riescono a emanare un fascino indicibile. E la principessa Sabrina non poteva che essere in quest'ultima categoria.
    I lunghi e profumati capelli corvini, lisci naturalmente (bisogna ricordarlo, ndr) erano stati raccolti con raffinatezza e accompagnati da un diadema da fare vergognare quello di Miss Italia.
    La giovine nobildonna scese le scale con leggerezza ma con fare fermo e determinato.
    Fu accolta con applausi e lanci di rose che ferirono gravemente un paio di fotografi, che però non si fecero notare più di tanto per evitare di distrarre il pubblico.
    L'erede al trono baciò un neonato, guarì uno storpio e diede tre scudetti all'inter, poi salutò con un profondo inchino i suoi regali genitori, organizzatori di questo magnifico evento.
    Il padre, che la sapeva lunga, era molto soddisfatto di tutto ciò.
    Era il momento della torta!
    Possenti schiavi importati dalla Nubia introdussero un enorme carro in legno intarsiato, raffigurante scene idilliache, che trasportava una torta di pan di spagna così alta, che i pasticceri dovettero dedicarsi attivamente all'alpinismo con tanto di sherpa nepalesi al seguito.
    Lo chef Tony in persona le consegnò un coltello Miracle Blade, con il manico fatto su misura, per tagliare la prima fetta.
    Un soffio fresco, come una brezza gentile sulle ventuno candeline e in tutta la sala rieccheggiò:
    Auguri, Oh Principessa! Buon Compleanno!

    sabato, aprile 14, 2007

    Caro Gatto mio...

    Mirko Gatto è un bravissimo ragazzo, anche se, ogni tanto, mi manda catene di Sant'Antonio che io faccio un po' fatica a sopportare.
    Così gli ho mandato una mail di risposta.

    "Caro Gatto...

    Se mi torni a mandare catene di Sant'Antonio, a partire dal giorno seguente in cui avrò aperto la mail ti succederanno le seguenti cose:
    Dopo un giorno, i tuoi capelli inizieranno ad avere lo spessore di una gomena da galeone e ti sarà impossibile camminare a causa del peso eccessivo della tua testa.
    Dopo due giorni, le tue mani inizieranno a fare gesti inneggianti al metallo, come \m/, senza che tu possa farci nulla.
    Dopo tre giorni, la tua mamma ti dirà che sei stato trovato al Lidl dentro una cassa di Fink Brau e che era una balla totale la storia della cicogna.
    Dopo quattro giorni, il presidente della repubblica Ozzy Osbourne dichiarirà fuori legge la musica tunca, decretando la chiusura totale dei tuoi locali di svago.
    Dopo cinque giorni, la tua voce diventerà stridula come quella di Platinette e sarà oggetto di dileggio generale.
    Dopo sei giorni, per un bislacco disguido postale verranno recapitati a casa tua oggetti portatori di malocchio, come gatti neri, scale sotto cui passare e calendari dove il venerdì cade sempre il diciassette.
    Il settimo giorno tu starai tranquillamente passeggiando per le ampie vie di Magreta quando un camion fermo di fianco a te, misteriosamente, si ribalterà e disperderà tutto il suo contenuto di melassa su di te. Poi, il contadino Alberto Frigeri, reduce da una giornata di duro lavoro nei campi, non eviterà il rovesciamento del suo carretto di sementi. Nel qual mentre, la signora Morbidelli, dal suo balcone, svuoterà i suoi cuscini di penna d'oca, non accorgendosi della tua presenza. Così sarai, un battuffolo di certe dimensioni, di melassa, grano, piume e penne. Così, aggirandoti per la tua città verrai scambiato per il mostro di Tabina (Stefano Buffagni) e verrai imprigionato per avere turbato la quiete pubblica.

    Caro Gatto, spero di essere stato esauriente nel spiegarti quale destino ti aspetterà se mi arriveranno altre catene da parte tua.

    Con i saluti più cordiali e amichevoli.

    Gabbro"

    E@

    giovedì, aprile 12, 2007

    Istantanea.

    Avevo già dato abbastanza nella "famosa" aula di autoapprendimento di inglese.
    Due ore e mezza di PC mi avevano distrutto la faccia.
    Manco avessi passato il tempo a guardare le donnine nude, pensai.
    Era mercoledì.
    La piadineria era chiusa.
    Come da tradizione andai in pizzaria.
    Menu fisso: o Margherita, o Napoli.
    Le pizze non erano grandi come quelle normali, ma neanche piccole come le solite pizzette.
    Io le chiamavo "pizzotte".
    Due e una ceres, feci all'oste, che poi era un semplicissimo pizzaiolo.
    Basso, rapido, maneggiava la pala con destrezza e in pochi minuti il mio pranzo era pronto e fumante. Poi sarebbe stata anche molto allettante la condizione di mezzo stonamento che mi avrebbe dato la birra.
    Stranamente, il silenzio abitava il locale.
    Non c'era nessuno seduto ai tavoli, eccetto un uomo di mezza età.
    Sul piano davanti a sé, teneva una lattina di Heineken accartocciata.
    La sua pizzotta era aperta, sopra il vassoietto. La stava facendo raffreddare.
    Aveva una spolverata leggera di barba, su un viso anonimo, come se ne vedono tanti in giro.
    Le sue mani erano ingenerose, tozze, corpulente e le sue scarpe anti-infortunistica erano sporche di terra e fango. Probabilmente un muratore.
    I suio occhi puntavano fuori dalla vetrina, in strada.
    Uno sguardo difficile da dimenticare.
    Stanco, vinto, in attesa di qualcosa, qualcuno.
    Con un tiepido bacio di circostanza, il sole salutava la città, il quartiere e sempre quella strada che l'uomo stava osservando, interrogando, per ottenere chissà quale risposta.
    Addentò la pizza svogliatamente, senza speranza, con un movimento lento, polveroso.
    Delle ragazzotte entrarono rumorosamente e spezzarono l'ignobile armonia di quel momento.
    Lui fece finta di nulla.
    Non considerò nessuno.
    Nel suo mondo esisteva solo quella pizzotta.

    E@

    giovedì, aprile 05, 2007

    Università.

    Appena sceso alla stazione, mi colpì subito l'incredibile puzza di piscio.
    La gente, grigia, veniva espulsa dai vagoni, grigi, e deposta in questa città, ancora più grigia.
    Non manca tantissimo all'inizio della lezione.
    Meglio alzare i tacchi e uscire dal cancello del deposito biciclette.
    Sono fuori dalla zona franca.
    Sono dentro la città.
    Una donna orientale dà di stomaco nell'aiuola sul marciapiede e viene sorretta da quello che, forse, sarebbe il suo compagno.
    Un comitato di benvenuto d'eccezione, non c'è che dire; pensai tra me e me.
    Di buon lena mi incamminai verso l'università, imbracciai con determinazione il lettore mp3 e mi diedi una bella carica con una sana dose di musica.
    Da misero pedone qual ero (e quale sono tuttora), affrontai l'iper-mega-maxi-incrocio con gran disprezzo del pericolo, con capriole e volteggi sui cofani delle auto e spettacolari piroette tra camion e motorini.
    La strada era monotona e rettilinea fino alla mia destinazione. Uniche note di colore erano i negozi di dischi e gli studenti di due vicini licei: per lo più ragazzotti assemblati alla bell'e meglio, che si atteggiano a gran signori con bionda in bocca e neanche un pelo di barbetta sul visino.
    Finita la strada e attraversato il parchetto, giungo vittoriosamente all'università, il tempio della conoscenza, la casa del sapere, la villetta a schiera dell'istruzione, il condominio della cultura...
    Piano terra. Deserto più totale. Non c'è nessuno. Le aule sono tutte nei piani superiori.
    E così non mi resta che entrare nell'ascensore ed essere trasportato, elevato verso una nuova forma di conoscenza. Mi immagino un clima quasi etereo ed idilliaco: studenti distinti che discutono di attualità, storia e letteratura contemporanea; ragazze graziose che trattano di filosofia, arte e politica...
    La porta dell'ascensore si aprì.
    I miei turbosogni furono interrotti da un paio di sbarbe che discorrevano sul “Grande Fratello”.
    Un colpo sotto la cintura.
    Con sgomento e ribrezzo, mi allontano e faccio rotta verso la sacra macchinetta a gettoni che, grazie a misteriosi processi alchemici, avrebbe poi erogato il caffé tanto anelato.
    Neanchei in tempo a metter mano al porta-monete che vengo intercettato da un tamarro. Dal grado di ingellamento dei capelli e dalla quantità di mutanda esposta al pubblico capisco che si trattava di un “Tabbozzo di 5° grado”.
    Ehi tu, dice, vuoi comprare un bulbo oculare?
    No, non credo mi possa servire, rispondo con una certa inquietudine.
    Stai all'occhio, potresti averne bisogno in futuro; fa lui mostrandomi un coltellino a serramanico sporco di gelatina e sangue. Poi se ne va a importunare qualche altra ignara matricola come me.
    Un elemento che non posso assolutamente non notare è l'eccezionale sovrabbondanza di donne.
    Il corridoio ne è pieno.
    È un'orda che ha compiuto una vera e propria invasione.
    E io sono solo, abbandonato al mio destino, contro questa marea assassina.
    Di ragazze ce ne sono per tutti i palati.
    Fighine, tutte tirate, come se dovessero andare a ballare nel locale più rinomato della riviera.
    Punk-rocker, poche ma comunque presenti, inneggianti a Sid Vicious. Il loro zaino è un arlecchino coperto di spille e pins.
    Quelle “normali”, invece, si fanno notare per la loro semplicità, per la loro eleganza, per il fascino del loro sguardo o la leggerezza con cui si mettono a posto i capelli dietro l'orecchio.
    Dopo questa scarica di ormoni sarebbe iniziata la prima ora assoluta di lezione.
    Tutti in aula!
    La stanzona era piena di pecorelle impaurite. I più spavaldi provano a fare conoscenza, a identificare e identificarsi nel gruppo.
    Io sono solo un punto indistinto nel mucchio.
    Tutti si pongono la stessa domanda: come sarà il prof?
    Alto? Magro? Con monocolo e bombetta? Con un blazer verde? Con delle scarpe bianche a pois blu? Io fantasticavo, immaginandomelo con una toga, candida, emanante luce propria, con un viso trasudante saggezza, con mani che volteggiavano nell'aria a per spiegare alti concetti, con voce serena ma perentoria che avrebbe rifocillato le nostre menti affamate di sapere.
    Il mio rinstupidimento fu rinsavito dall'ingresso del docente in carne e ossa.
    Un uomo di stazza media, maturo, con una capigliatura nera esplosa sulla testa, occhi piccoli ma guizzanti, schermati da occhiali sottili.
    Non ha nessun blazer verde ma una giacca in lanaccia color piombo e le sue scarpe non sono a pois blu ma di vera finta pelle marrognola, tipo castagna.
    Signori, benvenuti all'università; dice con voce baritonante. Lo stile e la compostezza sono gli stessi del presentatore del festival internazionale delle bande militari.
    Le sue scartoffie vengono posate sulla cattedra: libri, cartelle e fogli volanti si arenano sul tavolo come un cetaceo sul bagnasciuga.
    Questo è per voi l'inizio di un percorso lungo e difficile, voi sarete la futura classe dirigente; disse gonfianfo il petto.
    A quest'ultima affermazione abbozzai un sorrisetto perplesso. Io nella “futura classe dirigente”? Mah, ho qualche dubbio a riguardo.
    Intorno a me, molti sembrano della mia stessa opinione.
    C'è chi ruminava chewingum, chi compone sui banchi artistici “scemo chi legge”, chi ammicca alle donne, chi si dedica all'aeronautica cartacea e chi, come me, scrive cavolatelle (tutte realmente accadute), senza pensarci troppo su.
    Così è iniziata una nuova sfida.
    Sarà interessante avere uno scopo vero.
    Sarà stimolante affrontare argomenti molto più stimolanti di amenità come la prospettiva accidentale o i processi di formazione delle rocce: ricordo con gran dispiacere i momenti in cui mi sono dovuto rapportare con cose del genere ai vecchi tempi.
    Ora va diversamente: lo studio adesso è quasi “agonistico. Affronto materie nuove che mi incuriosiscono, che mi fanno il solletico e mi danno una spintarella ad andare oltre, a spostare il segno sempre più avanti. Sfido me stesso, mi osservo e guardo dove posso arrivare.
    Ed è un brivido, un pizzicotto, una scossa, che è semplicemente indescrivibile.

    - E@ -


    giovedì, marzo 22, 2007

    I giovani geni amano l'heavy metal.

    (ANSA) - LONDRA, 21 MAR - L'heavy metal sarebbe il genere musicale preferito dagli adolescenti dal quoziente intellettivo piu' alto. Una ricerca condotta dall'universita' di Warwick ha esaminato i gusti musicali di 1.057 ragazzi membri di un'associazione che raggruppa i giovani 'geni', un terzo dei quali ama il metal. La spiegazione? Per via della loro intelligenza questi ragazzi faticano a inserirsi socialmente, e l'heavy metal diventerebbe un veicolo per sfogare la loro rabbia.

    Commento mio: Questa notizia mi commuove. Io... Un giovane genio...Seee...

    E@

    mercoledì, marzo 21, 2007

    Homo Cristianus

    [Questo post è stato preso da un blog a mio avviso unico nella rete italiana: www.ilmessia.blogspot.com ... Buona lettura]

    Dopo essere stato rapito dal papa e portato nella stanza 101 del Ministero dell'Amore in Vaticano (posso assicurare che dentro la stanza 101 c'è solo felicità, tanta felicità nella stanza 101), ho capito qual'è la mia missione. Mio scopo è in questa sede la creazione di un uomo nuovo, che dia un taglio netto con il relativismo: non possiamo scegliere quali concetti della nostra sacra religione (non dite che non siete cristiani: in realtà lo siete ma non l'avete ancora capito. Altrimenti come si spiega che in Italia i cristiani decidano anche per chi non lo è? ) seguire e quali no, bisogna creare un uomo cristiano al 100%, un homo cristianus.

    Innanzitutto, l'homo cristianus è immune dai vizi capitali.
    LA GOLA! Non si può cercare il piacere tramite ghiottonerie. Non cerca cibi raffinati. L'homo cristianus infatti si nutre di pillole.
    L'IRA! Guai a incazzarsi! Uno ti riga la macchina? Beh apprezzalo, voleva regalarti un'opera d'arte e l'ha incisa sulla tua fiancata. L'ha anche firmata! E poi l'arbitro avrà avuto i suoi motivi per annullare il gol al 90° per la tua squadra in finale di champions league!
    LA LUSSURIA! L'homo cristianus si accoppia solo per procreare. Si sa cosa succede all'umore quando si passa qualche mese senza una sana chiavata, ma la religione è più importante. Quindi l'homo cristianus è sempre di pessimo umore, tranne quando ha appena procreato. Ma è bene. L'importante è che il cattivo umore non conduca all'ira. E non si sogni di mangiare cioccolata per compensare la carenza d'affetto. Al massimo una pillola con dentro cacao amaro.
    L'INVIDIA! Vedi Buffon. Guardi la sua ragazza. NO! L'homo cristianus non prova invidia. Perchè se la provasse vorrebbe dire che si lascerebbe andare alla lussuria, ma spinto da un impulso di fede rinuncerebbe, cadendo quindi nel rischio ira o gola e tornando alle pillole di cacao.
    L'ACCIDIA! L'homo cristianus non rimanda nulla, decide sempre tutto subito. Quando si sveglia la domenica mattina, se non fa un balzo dal letto di almeno un metro e ventitre chiede perdono.
    Quando ha la possibilità di comprare dei bond Parmalat lui non è schiavo di inutili esitazioni: lui le cose non le rimanda.
    LA SUPERBIA: L'homo cristianus guarda il grande fratello e pensa "è solo un'impressione, io non sono meglio di loro. Oh guarda, non sa chi era Garibaldi. Beh sicuramente ci sarà qualcosa che io non so e lei sì!".
    L'AVARIZIA! Non bisogna risparmiare se non per necessità. L'homo cristianus non si fa blandire da fallaci ragionamenti come "ora non mi serve risparmiare, ma magari domani..." o "perchè spendere tutto quando non ne ho bisogno?". La chiesa offre un comodo servizio di smaltimento per surplus di soldi di gente che non vuole risparmiarli per evitare l'avarizia.


    "ilmessia" citato da E@

    sabato, marzo 10, 2007

    L'invenzione del millennio...

    LONDRA (Reuters) - Un americano di 22 anni sostiene di aver inventato un apparecchio rivoluzionario per i bevitori più pigri che stanno incollati sul divano davanti alla tv: un frigorifero che lancia lattine di birra senza che ci si debba alzare.
    Laureato all'università di Duke , in Carolina del Nord, l'inventore, John Cornwell, racconta sul suo sito Internet di aver avuto l'illuminazione mentre era seduto sul divano a bere qualche birra.
    "Mi sono detto: anziché andare a prendere una birra, perché invece non fare venire la birra da me?".
    Dotato di una capacità di 24 lattine, il mini-bar a propulsione è completamente automatico e si attiva con un telecomando.

    NdR: secondo me, questa invenzione cambierà la vita di milioni di persone.

    E@

    martedì, febbraio 27, 2007

    Test stupido

    Dopo doctor House mi trovo a dovere trovare il modo di passare il tempo. Quindi, faccio questo test "trovato" su un msn space...

    01 - Che ora è? 22.37

    02 - Nome? Gabbro

    03 - Compleanno? 8 Aprile

    04 - Segno zodiacale? Cinghiale

    05 - Tatuaggi? No

    06 - Piercing? Cerchio in lega da 17 pollici all'ombelico

    07 - Sei innamorato/a? Attualmente no.

    08 - Ti piaci interiormente? Si e no.

    09 - Hai già amato al punto di piangere per qualcuno? Non mi risulta

    10 - Hai fatto un incidente con la macchina? No no...

    11 - Hai mai avuto una frattura? Conta una microfrattura all'alluce???

    12 - Pepsi o coca-cola? Nessuna delle due.

    12 bis - Whisky o vodka? Birra

    13 - Ti fidi dei tuoi amici? Massìddai...

    14 - Colore preferito per l'intimo? Nero e blu scuro (blu cobalto...)

    15 - Misura di scarpe: 45...mi chiamo Cenerutolo...

    16 - Numero preferito: ne ho tanti... 8 per Gennaro Gattuso, 53 per il Maggiolino Matto...boh

    17 - Tipo di musica preferita? Tutto il rock... blues, southern rock, hard-rock, metal (con particolare riferimento all'heavy e al trash)

    18 - Doccia o bagno? Il bagno è mooolto rilassante e poi ha una maggiore "componente" romantica...

    19 - Cosa odi? I tamarri

    20 - Come ti vedi nel futuro? Seduto sulla poltrona con una birra in mano a guardare i Simpson.

    21 - Può esserci amicizia tra uomo e donna? Più che amicizia direi "Non belligeranza"

    22 - Quale dei tuoi amici vive più lontano? Il Gurzo del Borneo meridionale.

    23 - L'Italia oggi? Sciagurata

    24 - Destra e Sinistra? Oltre all'eutanasia c'è una terza via?

    25 - Cosa cambieresti nella tua vita? Qualcosina da cambiare ci sarebbe...

    26 - Sei felice? Abbastanza

    27 - Proverbio preferito? Nessun proverbio in particolare.

    28 - Libro preferito? Saltatempo di Stefano Benni.

    29 - Di cosa hai paura? Di finire la birra.

    30 - La prima cosa a cui pensi quando ti svegli? Penso che sia troppo presto per alzarmi.

    31 - Il tuo film preferito? Tutti i film stupidi che siano mai stati prodotti, più quelli di Tarantino.

    32 - Se potessi essere qualcun altro chi saresti? Un po' Homer Simpson, un po' Hank Bukowski.

    33 - Cosa c'è appeso al muro della tua camera? La foto di Tese, Bonno e Fabio al Camp Nou.

    34 - Cosa c'è sotto il tuo letto? Il tappeto e i piani per costruire la mia distilleria clandestina.

    35 - Un posto dove ti piacerebbe andare? Irlanda, Scozia, tornare a Parigi, scoprire Barcellona.

    36 - Devi fuggire improvvisamente puoi portare 3 cose, cosa porti? Tutti i cd mp3, la volvo e il brother

    37 - La parte di te che ti piace di più? Gambe...Quando c'è da correre per la ciclabile, vanno che è un piacere!

    38 - Cosa sognavi di fare da piccola\o? Chef Tony.

    39 - Profumo preferito? Deodorante

    40 - Sport preferito? Futsal, Calcio, pelota basca, tamburello e curling.

    41 - Timido o estroverso? Sono abbastanza guardingo...

    42 - Soprannomi? Gabbro, Casa, Osvaldo, Eros...

    43 - Mare o montagna? Luna

    44 - Hai paura della morte? No, perché dovrei? Fa parte della vita...

    45 - A che ora vai a letto di solito? A un'ora casuale...

    46 - La cosa che ti piace di più di un\a ragazzao\a? Il collo ha un altissimo potere...le mani sono molto artistiche...le caviglie anche...ma il lobo dell'orecchio? E le narici? Per non parlare dell'incavo popliteo del ginocchio...Questo è il massimo!

    47 - Quanti\e ragazzi\e hai avuto? Non tante...anzi

    48 - La storia che non dimenticherai mai? Quella che non ho mai avuto.

    49 - Ami sedurre o essere sedotto\a? Non sono buono in entrambe le cose, quindi c'è poco da fare.

    50 - 3 aggettivi per descriverti? Pedale, pistolone e volpone...

    51 - Il regalo che vorresti ricevere? Una cassa da dieci di Fink Brau! Uaz uaz uaz...

    52 - Se fossi un animale? Boh...Un tricheco?

    53 - E un oggetto? La macchina da scrivere di Indro Montanelli.

    54 - Credi in Dio? E' un bel tipo. Anche se ancora lo devo ancora "capire" pienamente.

    55 - Cosa faresti se vincessi 1milione di euro? Mi comprerei un appartamento piccolo piccolo giusto per starmente per gli affari miei...Il resto lo spenderei per rimettere in sesto la Volvo, libri e alcool.

    56 - Il tuo cellulare è indispensabile? Se qualcuno prova a chiamarmi per salvare il mondo devo pur essere reperibile...

    57 - Cosa pensi dei tuoi amici? Hanno i maroni duri a sopportarmi. Brava gente di malaffare.

    58 - Con chi hai litigato l'ultima volta? I miei anziani genitori.

    59 - Giorno preferito della settimana? Quello del campionato di calcetto con i boys.

    60 - Fumi? Il cervello.

    61 - lo scherzo più stronzo che hai fatto? Tanti...ma tanti...anche troppi sicuramente

    62 - Quante lingue sai? Italiese, Klingon e dialetto elfico.

    63 - Le cose + pericolose che hai fatto? Tornare a casa per viale Reiter...Lì ogni razionalità va a farsi benedire.

    64 - Nutella o Patatine fritte? Tutte e due, più le mastelle industriali di Yogurt Mila...anche se il Muller...

    65 - Il più bel complimento che hai ricevuto? Sei una brava persona...Mi sono commosso.

    66 – Quanto sei alta? 1.85...credo...non sono sicuro...

    67 - Animali domestici? Mio fratello e il mio coguaro da compagnia.

    68 - Quanto ti piace la scuola? Se non ci fosse l'università...bisognerebbe inventarla...

    69 - Con chi vorresti cenare questa sera? Con tutte le mie donne...quelle che, in qualche modo, hanno lasciato una traccia...

    70 - Lasciare o essere lasciati? Se ad essere lasciati non si sta così bene...dai!

    71 - Tra dare e ricevere? Dare calci alle caviglie al prossimo.

    72 - Di che colore sono le pareti della tua stanza? Verdino acqua...

    73 - Che nome aveva il tuo pupazzo di quando eri piccolo? Mimmo.

    74 - L’ ultima e-mail che hai ricevuto? da Mario, per il nuovo numero di smool...

    75 - Cosa fai se sei triste? Ascolto musica a palla.

    76 - Quali sono le persone più importanti per te? Anche se ci litigo sempre, mio fratello conta...

    77 - Il nome della tua migliore amica? è bionda, spumeggiante e fermentata...

    78 - Del tuo migliore amico? Non sono in grado di sbilanciarmi

    79 - Del tuo moroso\a? Qual è il significato di questa parola?

    80 - Ti rifaresti mai qualcosa nel tuo fisico? Qualcosina ci sarebbe...

    81 - A quanti anni ti vorresti sposare? Diciamo che non credo nel matrimonio...

    82 - Progetti futuri? Laurearmi e vedere cosa succede

    83 - Programmi che guardi di più alla televisione? Simpson, Boston Legal, Futurama, Griffin...

    84 - Porti gli occhiali? No

    85 - Dove sei nata? Modena...Se fosse una donna sarebbe una rezdora di 95 kg che passa il tempo a tirare il collo ai capponi.

    86 - L’ultima volta che ti sei ubriacata? E ve lo dico???

    87 - La macchina dei tuoi sogni? Una Volvo 850 GLE è per sempre.

    88 - Moto preferita? Ducati 996

    89 - Colore delle calze? Nere o blu...lunghe...per correre uso quelle bianche di Lupo sport...sono molto comode.

    90 - Dove ti piace essere baciato? Può ripetere la domanda?

    91 - L’ ultima volta che sei andato\a in motorino? L'anno scorso...è un po' che è in garage

    92 - Festa preferita? Nessuna in particolare

    93 - Piatti più buoni? L'amatriciana sa il fatto suo, ma la pizza...

    94 - La materia che ami di più? Linguistica mi è piaciuta molto...

    95 - Quella che odi di più? Fino adesso non ho odiato nulla...

    96 - In cosa spenderesti tutti i soldi di una carta di credito? Libri, birra, musica...

    97 – Hai sorelle o fratelli? Un fratello...mangiatore di dolciumi

    98 – Hai mai tradito? Giammai...

    99 – Come vorresti che proseguisse la tua storia attuale se ce l’hai? Prima di proseguire deve iniziare... ;)

    100 - Saluta chi legge questo questionario: Se sei arrivato fino alla fine leggendo ogni domanda, posso dirti una cosa: complimenti vivissimi!

    E@

    venerdì, febbraio 16, 2007

    Per la serie "Gli incredibili poteri dell'alcool".

    (ANSA)- SYDNEY, 16 FEB - Un pescatore australiano che ha afferrato a mani nude uno squalo di 1,3 metri,ha dato il merito alla vodka che aveva bevuto poco prima . Philip Kerkhof di 41 anni stava pescando con cinque amici da un pontile lunedi' sera, quando ha visto lo squalo.'Gli sono andato dietro e l'ho preso per la coda perche' lo volevo tirare sopra il pontile', ha raccontato oggi alla radio Abc.
    'Ma poi si e' girato e ha cercato di mordermi e ho pensato: beh, e' incredibile cosa puo' fare la vodka'.


    NdR: Credo che un fatto del genere si possa commentare da solo. XD

    €@

    martedì, febbraio 13, 2007

    Pazza sgambata mattutina.

    Alla fine oggi non sono andato a correre.
    Sei un vigliacco.
    Faceva troppo freddo.
    Bah...Rocky correva con la neve.
    Cazzo hai ragione. Beh, allora ci vado domattina.
    Sì, io ci credo...
    Vergognati. Per dimostrarti che sono uno di parola, ci troveremo davanti all'università alle 9.
    Va bene. Ci vediamo domani.
    Ok, ciao vecchio.

    Sveglia alle 8: un'ora, ormai, indecente per me.
    Colazione all'inglese. Tè e biscotti secchi dietetici residuati di chissà quale dieta di mia madre.
    La radio passa una hit di Gaber: la chiesa si rinnova.
    Mi viene da ridere.
    Bando alle perdite di tempo; qui bisogna bardarsi per andare ad aggredire l'asfalto.
    Completone pesante, in vera lana di renna scandinava, collare di pellicciotto e scarpe da runner, rigorosamente bucate a causa dei NUMEROSI chilometri percorsi.
    È presto.
    Sono in clamoroso anticipo.
    L'università è praticamente dietro casa.
    Mi arriva un messaggino-ino-ino sul cellulare. Il mio compare mi dice che parte in questo istante dal suo natio paesello, distante un numero imprecisato di yarde e pertiche olandesi dal luogo concordato per l'appuntamento.
    Poco male.
    Posso fare un giretto nelle vicinanze, aspettando che venga l'ora giusta per puntare verso il tempio della conoscenza.

    Ed eccomi, nella vasta pianura, ad inseguire i saiani e a insidiare le pantegane nascoste nei fossi.
    Non pago di questa seppur fruttuosa caccia, decido di dirigermi verso l'arco alpino, correndo dentro il fiume Padus, l'odierno Po, controcorrente, in direzione del Monviso.
    Ed eccomi in provincia di Cuneo, a Saluzzo.
    Nonostante le stalattiti di sudore che mi scendevano dal mento, decisi di continuare nella mia folle corsa. Tanto c'era ancora tempo prima dell'appuntamento.
    Senza una ragione plausibile mi ritrovai a tu per tu con un lama che mi stava per spiegare la sua umida argomentazione.
    Schivata per un pelo.
    La cordigliera delle Ande è un posto mal frequentato.
    E allora via, via! Giù per le afose rive del Rio Paranà, rientra a Montevideo, evita il celebre portiere Hector Fabian Carini, ex Juve e Inter (non avrai mai il mio posto di portiere nella squadra di calcetto! Lurido fighettino biscazziere!), e approda, dopo qualche centinaio di chilometri, a Rio de Janeiro.
    È carnevale e fa un caldo da matti!
    Tutti ridono! Tutti scherzano!
    Solo questa ballerina, che di femminile ha ben poco, non scherza!
    Spiacente, devo scappare! Anche se hai una sorpresa per me... Ciao ciao, non ti preoccupare, penserò a tutti men che a te! Addiooo...
    Tra la bossa nova di Antonio Carlos Jobim e il trash metal dei Sepultura, vuoi che non mi accorga di essere improvvisamente in ritardo per l'appuntamento???
    Ebbene sì, porca miseria.
    Ed eccomi sulla via del ritorno verso casa.
    Tra aride steppe, deserti infuocati, yak che mi fanno le pernacchie sull'Himalaya e sherpa che mi prendono a palle di neve.
    Samarcanda.
    Crocevia tra occidente e oriente.
    Centinaia di mercanti, lanaiuoli e vasai conducono trattative commerciali.
    Roberto vecchioni, fermo a un bivio per cercare la via verso San Siro, mi indica la strada.
    Dopo avere calcato la piazza rossa di Mosca, dopo avere guadato il Danubio e avere superato le frontiere e le dogane di diversi stati, rieccomi in Italia.
    Basta. È tempo di fare lo sprint finale. Da Tolmezzo a Modena. Trecentosessanta chilometri.
    Faccio uno squillo al mio compare che mi stava già attendendo.
    Giungo nel piazzale di fronte alla facoltà di fisica.
    Delle mie scarpe rimaneva solo la cenere. All'altezza di Mestre avevano preso fuoco.
    Le mie gambe erano coperte di una coltre di fango, polvere e sabbia. Sembrava indossassi gli ultimi pantaloni della collezione primavera-estate di un qualsiasi stilista strafatto di veleno per scarafaggi.
    Il mio completone era intatto. Aderiva perfettamente al mio corpo ed era di un nero traslucido che lo faceva sembrare quasi una tutona di pelle.

    Ehi, sbrillone! Sei in ritardo di un quarto d'ora.
    Eh, ho fatto il giro lungo.
    Non dire cavolate. Abiti qui dietro, non fare finta di essere stanco.
    Ma no, dai... Ho fatto un giretto qui intorno, per la ciclabile. Hai presente no?


    martedì, febbraio 06, 2007

    Un San Valentino diverso dal solito.

    Quella di San Valentino non poteva che essere una serata indimenticabile.
    L'appartamento era tirato a lucido come non lo era mai stato.
    Anna aveva speso la giornata a pulire casa e a preparare la cena. Si era presa un giorno di ferie e voleva che tutto andasse alla perfezione.
    Aveva fatto una cena coi fiocchi.
    Per cominciare, un bel risotto con asparagi e scampi. A Luca sarebbe tornato in mente quella sera al mare, d'estate, quando si erano conosciuti tre anni prima.
    Per secondo, orata al forno con erbe aromatiche.
    Il dolce avrebbe fatto la sua parte: il tortino di cioccolato nero, guarnito da uno sbuffetto di panna montata, avrebbe fatto sicuramente la sua parte nel “dopocena”...
    A Luca era già stato comunicato il menù: così avrebbe potuto provvedere al vino da accompagnare alla cena.
    Alle diciannove e venticinque lui tornò a casa.
    Sfoderò una posa da oscar alla sua bella che gli fece una festa impareggiabile.
    Ciao Amore! Disse lei gettandogli le braccia al collo. Come è andata la giornata?
    Benissimo, biscottino. Ho preso il vino. Spero che ti piaccia. Muller Thurgau. Uno dei migliori in assoluto. Rispose lui, mantenendo sempre il sorriso da oscar.
    Lei prese in mano la bottiglia. La osservò, la analizzò nei minimi dettagli.
    È già fresco! Esclamò lei.
    Si, l'ho tenuto nel frigorifero della saletta bar che c'è in studio.
    Luca era al servizio dell'avvocato Rovaniemi, uno dei più famosi dottori di legge della città e forse il più affamato di soldi dello stato.
    Beh, la posso già mettere in tavola, squittì lei. Era dolcissima con quel vestitino, semplice, ma elegante.
    Sono proprio fortunato a vivere con una donna così straordinaria, pensò lui.
    Luca si tolse il pesante soprabito e lo posò nell'armadio.
    Dalla cucina proveniva ovattata la voce di Anna.
    È pronto! A tavola!
    Si affrettò a raggiungere il suo posto.
    Anna fece i piatti con una professionalità da chef.
    Ne porse uno al suo uomo che prese la prima forchettata.
    Si mise in ordine la frangetta bionda che velava i suoi occhi turchini e attese l'esito dell'assaggiatore.
    Squisiti. Neanche in televisione li fanno così buoni. Complimenti.
    Erano davvero buoni.
    Anna, soddisfatta, illuminò a giorno la stanza con il suo sorriso.
    Iniziarono a cenare.
    Brindarono.
    Buon San Valentino Amore.
    Buon San Valentino anche a te, Anna.
    Come è andata la giornata?
    Ottimamente. Abbiamo vinto una causa e pare che il vecchio Rovaniemi voglia darci una gratifica. Strano. Si vede che sua moglie, deve averlo addolcito non poco.
    Entrambi fecero una risata, comunque sobria e non eccessiva.
    Tu come hai passato la giornata?
    Stamattina è venutola farmi visita il dottor Marino.
    Buone notizie allora. Cosa dice il buon vecchio doc ? Chiese, mentendo tranquillità.
    Mi ha consegnato l'esito degli esami...
    Si versò un bicchiere generoso di Muller Thurgau nel bicchiere.
    Ne bevve un lungo sorso.
    In parole povere mi rimangono due mesi di vita.
    Cough cough!
    A Luca andò di traverso il vino e si sporcò leggermente la manica.
    Andò in cucina a pulirsi con uno strofinaccio.
    Perdonami! Disse lei con gli occhi bagnati. Non sarei stata comunque in grado di tacere tutto e fare finta di nulla.
    Lei mantenne una grandissima dignità. Non si scompose più di tanto. Rimase seduta al suo posto.
    Era una donna forte. Per questo piaceva tanto a Luca.
    Lui tornò a tavola.
    Era visibilmente scosso.
    Si aprì il primo bottone della camicia.
    Con la sua mano accarezzò il viso di Anna.
    Come avrebbe fatto senza la sua pelle d'albicocca?
    Come avrebbe vissuto senza più la sua energia, il suo supporto?
    Cosa sarebbe successo dopo, senza di lei?
    Cercò di ricomporsi.
    Vorrà dire che vivremo al massimo i prossimi giorni. Fino a quando ci sarà possibile. Quindi, lasciamo tutto e pensiamo a noi.
    La due mani si incontrarono e si abbracciarono l'un l'altra.
    Sì, hai ragione amore mio. Disse lei.
    La cena proseguì.
    Arrivò l'orata e poi fu il turno del tortino al cioccolato nero.
    Erano uno di fronte all'altro.
    Si alzarono in piedi quasi all'unisono e si baciarono.
    Non posso lasciarti andare via così. Non posso. Non posso. Non posso; pensò Luca.
    Amore mio, mi dispiace lasciarti così. Ti prego perdonami, perdonami, perdonami; pensò Anna.
    Io adesso metto via i piatti. Tu va' di là a cambiarti. Poi ti raggiungo.
    Si amore. Ti aspetto in camera; rispose Luca, obbediente alla sua compagna.
    Anna fece ordine in cucina. Ripulì tutto con incredibile rapidità, come faceva al solito, insomma. Desiderava normalità. Mai come prima, l'aveva desiderata così tanto.
    Nell'accendere la lavastoviglie notò che mancava qualcosa. Ma non riuscì a capire che cosa.
    Non se ne preoccupò e si diresse verso la camera.
    Lui era ancora vestito ed era in piedi, di fronte al letto.
    Beh? Non ti sei ancora cambiato? Chiese Anna.
    Aspettavo te. Rispose Luca.
    Va bene. Allora ti do l'ispirazione; disse lei con una risatina, elegante, sbarazzina, fresca.
    Il vestitino che indossava non c'era più, come per magia.
    Luca poté ammirare il capolavoro che era la sua compagna.
    Era solo vestita del bicchiere, il quale fu poggiato con leggerezza sul comò.
    Le caviglie snelle.
    Le cosce pennellate.
    I fianchi sinuosi.
    Il ventre liscio.
    Le mani piccole ed esili
    Il seno voluttuoso e invitante.
    Il collo che tanto avrebbe voluto mordere, come un vampiro, un Dracula dei tempi moderni.
    Quel mare di capelli biondi, in cui lui era naufragato una miriade di volte.
    Sei bellissima. Declamò lui, estasiato.
    Da bravo avvocato che sei, la tua originalità si spreca; Anna lo scherzò.
    Lui rise alla battuta e la invitò a sdraiarsi sul letto.
    Questa è la nostra serata Anna, disse Luca con voce bassa e sensuale, e nessuno ce la ruberà.
    Lo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni e la penetrò più volte, con amorevole brutalità.
    Sì, esalò Anna, volevo proprio questo.
    Il coltello, che Luca aveva preso in cucina, l'aveva trafitta più volte.
    Nel ventre, nel costato e poco sotto la spalla destra.
    Luca amava le sue spalle.
    Non sarei mai stato in grado di assistere alla tua sofferenza. Non sarei stato abbastanza forte. Se agonia doveva essere, almeno che sia rapida.
    Sì, disse Anna, sono felice di morire tra le tue braccia.

    E#@

    Decisione...

    Ho deciso che questo raccontino del Job's Bar rimarrà incompiuto fino a quando non avrò abbastanza "Usta" da finirlo decentemente.
    Per il resto, ora mi sto dedicando ad altra roba.

    E#@

    mercoledì, gennaio 17, 2007

    Job's Bar 5 (seconda parte)

    Quel giorno non ritornai al mio solito sgabello.

    Tornandomene a casa passai davanti al negozio del fruttivendolo, il quale era quantomai radioso, visto che quella settimana nessuno aveva puntato il dito sui suoi imbrogli ai danni delle plurisecolari clienti.

    Infatti, proprio un crocchio di quelle si era formato sul marciapiede: era in corso un rapidissimo scambio di sussurri e bisbigli.

      - Ah ma avete sentito cosa è successo? Quel giovane assassino che si è poi tolto la vita...- Disse una con rughe facciali all'altezza delle ginocchia.

      - Oh, guardi, non me ne parli. Bisognerebbe proibire certi divertimenti come quei giochi elettronici violenti. Una volta c'era qualcuno che si occupava di ciò, ma al giorno d'oggi ormai...- Rispose una, con un Ficus Benjamin come copricapo.

      - Eh sì, ha proprio ragione signora. Per non parlare del bar che ha promosso quella cosa lì, come si chiama, il torneo. La cugina dell'amica della parrucchiera Gina ha detto che qualcuno ha visto il proprietario di quel postaccio diffondere nel locale anche dei fumi che procurassero allucinazioni. Mi viene il sospetto. Mi viene il sospetto allora che sia anche colpa sua anche il crescente inquinamento cittadino. Sapete? I pinguini dello zoo pare che siano impazziti per colpa dello smog e abbiano spiccato il volo per le Bahamas. - Concluse quella con un completo di velluto beige-caffellatte rancido.

    Cercai di fare finta di nulla, tentai di giustificare la loro pochezza e me ne andai per la mia strada.
    Passai il tempo ad aspettare che arrivasse il martedì, quindi non feci assolutamente nulla di produttivo e socialmente utile.

    Finalmente giunse il giorno successivo.
    E con lui una manifestazione popolare che aveva occupato la strada che porta in centro, quella che passa proprio di fronte al bar.
    Indossai i primi vestiti che mi capitarono sottomano e mi precipitai da Lester. Con me, venne anche un pessimo presentimento.

    Davanti al Job's Bar si era radunata una piccola folla, dall'altra parte della strada era stato costruito una struttura sopraelevata, una sorta di palchetto. Evidentemente qualcuno doveva dire qualcosa.

    Lester era sulla soglia del bar e la sua bocca contratta non celava certo la sua preoccupazione.
    La folla benché non fosse calmissima, ma neanche così agitata, aveva un motivo per non importunarlo.
    Onagro, scaricatore in servizio al molo 15. Un metro e novantacinque per centootto chili di pura dolcezza rude.
    Dopo essermi fatto strada tra i manifestanti,tutto trafelato, arrivai a destinazione.
    - Di grazia messere, dove intendete andare? - questionò Onagro ponendomi la manona sul torace.
    - Presso l'oste, gentiluomo. Solo essere un avventore di codesto luogo.- Risposi educatamente. Venni a sapere poi che Onagro era un appassionato di Manzoni.
    - Fallo passare. È amico mio. - Ordinò scialbo Lester.
    - Beh, sei stato a una festa di carnevale? - chiese squadrando dall'alto verso il basso la mia vestita.
    In effetti non aveva tutti i torti. Nella fretta avevo completamente trascurato il maglione a losanghe amaranto e ai jeans “rosè”, reduci da una lavatrice non andata propriamente a buon fine.
    - Non dovevo andare a una sfilata di moda. Comunque qua cosa succede? -
    - Questo bel casotto è stato organizzato dal Movimento Genitori Nazionale, patrocinato dal Partito Benpensante Italiano. Infatti, sarebbe intervenuto un esponente del gruppo politico, un tale chiamato Gianluca Buonavolontà. -
    - Beh, il nome è tutto un programma...- sdrammatizzai.
    - Speriamo vecchio mio, speriamo.- rispose Lester sfiduciato.
    Pochi istanti dopo arrivò la Polizia a formare un cordone per difendere il bar da quelli che trovavano qualsiasi occasione buona per spaccare vetrine, i cosiddetti “facinorosi”.
    Giunse anche un autoblù (con accento sulla “u” perché così si sente di più).
    Era una limousine Leopard, con carrozzeria in ghisa piombata, un chilometro al gallone, peso diciotto tonnellate.
    Si fermo di fianco al palchetto appena allestito in strada. L'autista, un ometto basso e spettinato, scese dalla macchina e aprì la portiera al suo passeggero.
    Gianluca Buonavolontà scese dalla macchina con un sorriso da star di Hollywood, si diede una sistemata rapida ai capelli, una lustratina agli occhiali freschi di negozio di ottica di lusso, salutò con gesto papale la folla e salì sul palco.
    -È importante essere tutti qui – iniziò il politico – insieme, per protestare contro quanto è avvenuto poche ore fa. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a queste tragedie. Siamo obbligati a reagire. Reagire contro chi istiga alla violenza, come questi videogiochi assassini. Ma soprattutto, dobbiamo essere, assolutamente, contro chi organizza vere e proprie feste inneggianti alla violenza, come il bar qui di fronte a me, che ha messo in piedi questa manifestazione, questo "torneino", per guadagnare qualche soldo, non preoccupandosi del fatto di corrompere le coscienze dei nostri giovani. Infatti, grazie a questo recente videogioco, Alcide Formigoni è arrivato a comportarsi in tal modo e a compiere un simile gesto scellerato. Dobbiamo finirla con il commercio dei videogiochi violenti che ispirano alla violenza i nostri teenagers. Io esigo che questo commercio sia troncato e limitato nel nostro paese. -
    Applausi scroscianti da parte del pubblico. Silenzio tombale dalla fazione a favore del bar, la mia.
    -Ed è per questo che io mi voglio battere, sia con il Direttorato Centrale, sia nella Casa degli Eletti dal Popolo. Io voglio che la nostra gioventù non venga plagiata. Ma non parlo solo dei videogiochi: parlo anche dei fumetti, della musica, di internet, della televisione. Dobbiamo farci sentire! - Urlò brandendo in aria un pugno chiuso – Dobbiamo cancellare l'oscenità, curare il morbo, eliminare qualsiasi elemento che possa turbare i nostri giovani.-
    La folla era praticamente in delirio e stava cominciando a pigiare contro il cordone della polizia.
    Nell'attesa che le cose migliorassero, ci barricammo tutti dentro.
    Tranne Onagro.
    Oltrepassò gli agenti e si fece largo tra la folla a suon di spintoni. Stava andando verso il palco e pareva intenzionato a scambiare due parole con Buonavolontà.
    Fu fermato dai gorilla del leader politico.
    Mi perdoni, non vorrei neanche torcerle un capello. Avrei il desiderio di rispondere alle sue cotanto accese parole.-


    E@